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Yourself in my shoes al Tube culture hall

di Mariagrazia Biancospino -

kora mojo rojo


 

Dal 18 gennaio va in scena al Tube Culture Hall di Milano yourself in my shoes. La mostra raccoglie 4 artiste che hanno in comune nel loro lavoro l’ibridazione in diverse forme e con diverse iterazioni del corpo femminile con altri elementi desunti dal mondo animale e da quello vegetale. Nei lavori delle artiste in mostra si riflette la scoperta, tipica della società contemporanea della complessità di identificazione e auto-rappresentazione dell’umano: il corpo, nella nostra epoca è concepito come una realtà mutevole, transitoria, definita dal contesto culturale. L’arte non ci offre una risposta nella risoluzione del disordine del contemporaneo, piuttosto ci dispone verso una presa di coscienza e una nuova concezione della vita.
Le artiste in mostra hanno deciso di accettare la sfida con l’animale e il mondo naturale, abbandonando il loro antropocentrismo (l’uomo al centro delle cose, misura delle cose) per coabitare, co-evolversi insieme all’animale e al vegetale rappresentando una realtà fatta di alterità.
Il processo di morphing che si ritrova in questi lavori è molto materico e viscerale, perfino nei lavori più onirici, ma porta – contrariamente a quanto avviene nel morphing digitale – a una definizione ancora più nitida e preponderante del carattere femminile. Un morphing che amplifica la figurazione e apre a molteplici significati e interpretazione ma che alla fine esalta e ritorna al corpo e alla sensualità femminile, che emerge quasi rinforzata.
Il centro dei lavori di Kora Moya Rojo(Cartagena, 1993) è il corpo femminile, non rappresentato in modo realistico ma citato attraverso elementi naturali. Nei suoi lavori si ritrovano elementi che sono e sono stati simboli nelle culture antiche di tutto il mondo della fertilità, della femminilità, della nascita e della rinascita. Nei due lavori in mostra i protagonisti sono due fiori, che alludono alla sensibilità e delicatezza dell’organo genitale femminile, uno dei quali immerso nell’acqua, elemento da cui si è originata la vita e che ne permette l’esistenza. Le api sono al tempo stesso emblema della riproduzione, per il loro ruolo nell’impollinazione dei fiori, ma anche personaggi invadenti, che si avvicinano e corteggiano i fiori e inconsciamente li violano, pedine ignare delle logiche naturali che perpetuano la specie. L’artista riflettere sulla società che fa pressione sulle donne e dice loro cosa fare del proprio corpo, imponendo la riproduzione come scopo ultimo della loro vita. I suoi lavori parlano di libertà e rappresentano il corpo come una forza maestosa e potente che non può essere distrutta e che può essere plasmata e modellata a seconda della volontà individuale. Nelle opere di Naomi Boiko Stapleton (Tiberias, 2000) viene rappresentata una storia individuale non lineare e non letterale. La sua pittura richiama i ricordi, incarna le sensazioni provate, riecheggia ad un mondo favolistico dove umano e naturale sono abbinati per amplificare le esperienze. Il suo lavoro attuale è realizzato con l’acquerello, la cui natura volatile consente un processo intuitivo e incarnato. L’acquerello è in grado di accennare a una forma percepibile senza ridurla a un’immagine o a una narrazione fissa.

In molte delle sue produzioni Margaux Bricler (Parigi, 1985) esalta e rivendica la forza femminile. I suoi lavori alludono direttamente al corpo pur non rappresentandolo mai direttamente, in un equilibrio perfetto tra presenza/assenza. Margaux porta in scena il corpo femminile, restituendogli un nuovo spazio e demolendo i simboli della cultura patriarcale, decostruendo il tradizionale ruolo della donna imposta nella società, riempiendo quella stessa narrazione stereotipata di una nuova idea di femminile. Così inSêma, Sôma (dal greco prigione/corpo) si assiste al superamento del concetto della tradizione della Grecia Classica per cui solo il corpo maschile sarebbe archetipo di perfezione. Nella serie di piedi di caprino di Maison Marginale, che si presenta come un percorso che “guida” la mostra, viene spodestato il simbolo del fauno/“maschio predatore” in favore dell’organo femminile che rivendica un proprio spazio e una propria sessualità. I lavori di Xueqing Zhu (Cina, 1996), rappresentano scenari onirici, dove umano e mondo naturale si uniscono e si compenetrano. L’artista crea figure ibride, mescolate a elementi naturali, animali e favolistiche, decostruendo mondi per crearne altri, superando la linea netta che definisce reale/irreale. Mette in risalto l’uomo e la sua presa di coscienza della propria animalità, superando il modo in cui la tradizione ha pensato questa dicotomia. La mutazione e compenetrazione diviene il centro, il motore della diversità e inizio del processo di rendere possibile una evoluzione. In un mondo immaginario, sognato, la coesistenza dell’alterità uomo/natura diventa visibile e accessibile ai nostri occhi e il corpo, mutato e ampliato, diviene paesaggio da abitare, da ospitare, da indagare e da rivelare.

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