Per Abbonati

Zaia contro Crisanti il caso dei test rapidi e lo scontro “politico”

di Ivano Tolettini -

LUCA ZAIA


Decisivi per limitare le vittime o complici della strage degli innocenti perché consentirono a troppi asintomatici di trasformarsi loro malgrado in untori? I test rapidi di cui il Veneto nel periodo più duro della pandemia fu a capo di una gara da 148 milioni di euro con altre 5 regioni, protessero la popolazione dal virus o poiché non segnalavano il 30% di falsi negativi furono un inconsapevole strumento di trasmissione del contagio – tesi del prof. Andrea Crisanti – soprattutto nelle case di riposo, cosicché nel Veneto si registrò nelle Rsa un tasso più alto di mortalità rispetto alle zone d’Italia dove furono privilegiati i molecolari? I quesiti spiegano in gran parte, ma non in tutto, la guerra mediatico-giudiziaria tra il governatore Luca Zaia e il suo ex consulente di fiducia della prima fase pandemica, Cristanti, che avrà code processuali dopo che la trasmissione di Rai3, Report, l’altra sera ha reso noto il contenuto dell’intercettazione che marchia il rapporto tra quelli che oggi sono due politici. Visto che Crisanti, che ha dato le dimissioni dall’Università di Padova per coltivare le azioni legali contro Zaia senza coinvolgere l’istituzione scolastica, è stato eletto senatore della Repubblica lo scorso settembre nelle fila del Pd. “È un anno che prendiamo la mira a questo (riferito a Crisanti, ndr), sono qua a rompermi i coglioni da 16 mesi, stiamo per portarlo allo schianto, adesso questo qua fa il salvatore della patria e io faccio la parte del mona cattivo”, afferma Zaia mentre parla con l’indagato intercettato Roberto Toniolo (e poi prosciolto poiché nei suoi confronti la Procura di Padova non ha avviato l’azione penale, a differenza del microbiologo Roberto Rigoli e dell’ex dg di Azienda Zero, Patrizia Simionato, entrambi citati all’udienza preliminare il 6 febbraio con l’accusa di falso ideologico, turbata libertà degli incanti, e il primo, anche depistaggio). Ieri Zaia ha parlato con i cronisti sostenendo che in un articolo di marzo 2022 “la rivista scientifica Lancet ha valutato la mortalità da Covid nel biennio 20220/2021 per l’Italia pari a 227,4 morti ogni 100 mila abitanti, mentre per il veneto 177,5 tra i valori più bassi in Italia, dunque la tesi che i tamponi rapidi avrebbero favorito la mortalità è smentita dai numeri”. Il governatore ha aggiunto di parlare con dispiacere della vicenda, di avere creduto in Crisanti, di avere usato un “linguaggio forte, ma era nel corso di una telefonata privata, e che il Veneto è stata la regione che ha fatto più tamponi: quelli rapidi erano certificati a livello internazionale, in Italia li hanno usati tutti”. Replica il prof. Crisanti che le intercettazioni sono la prova che “sono stato perseguitato dalla Regione e dall’azienda ospedaliera con una campagna denigratoria orchestrata da Zaia e attuata dalla seconda”. Dunque, per la Regione i test rapidi sono stati utili anche se l’affidabilità era del 70% come avrebbe falsamente attestato Rigoli, che rischia il rinvio a giudizio. Se il Pd scende in campo a difesa di Crisanti, c’è chi legge il movente della faida anche nel fatto che oltre alle critiche sull’inaffidabilità dei test antigenici mosse da Crisanti a Zaia, che cercava di far fronte alla fase più calda della pandemia, il fatto che Crisanti stava per mettersi in proprio in politica col Pd diventando rivale, il governatore non l’ha proprio mandata giù. Ed ha reagito.

Torna alle notizie in home