Politica

Zaia e la rivoluzione che migliorerà il Paese

di Ivano Tolettini -


Quante volte l’ha ripetuto che con l’autonomia differenziata comincia la rivoluzione pacifica del Paese, che migliorerà da Nord a Sud, grazie alla maggiore assunzione di responsabilità delle classi dirigenti. Mentre chi è contro il regionalismo è per una “equa distribuzione del malessere”. Luca Zaia, l’alfiere dell’autonomia, lo ripete spesso agli interlocutori quando ne parla. Così conserva sulla sua scrivania, come un portafortuna, il decreto che indiceva il referendum del 2017. Poi con modestia legislativa, aggiunge che quella dell’autonomia differenziata sarà la più importante riforma dal 1948, molto di più di quella del titolo V. E di conseguenza ben di più, ad esempio, di quelle degli anni Sessanta che cambiarono faccia alla Repubblica: da quella scolastica della Terza Media fino all’istituzione dell’Enel, quando venne resa pubblica l’energia elettrica che aiutò il processo di industrializzazione del Paese, con il primo governo di centrosinistra Dc-Psi, oppure la parità di accesso delle donne a tutti gli impieghi pubblici, compresa la magistratura, perché prima erano discriminate per legge. “A chi continua ad essere contrario – spiega – dico che sarebbe più coerente avere chiesto direttamente la modifica della Costituzione, visto che l’autonomia è prevista dalla Carta degli italiani”. Ecco che dell’altro giorno, col parere favorevole della Conferenza unificata ad eccezione delle Regioni guidate dal centrosinistra, Zaia afferma che “ricorderemo questo giorno come uno di quelli in cui si è fortificato un disegno di modernità per un Paese in cui la scelta federalista va ad attuare le volontà dei Padri Costituenti”. Per il governatore serenissimo “c’è la volontà di vedere riconosciuto fino in fondo che questo dell’autonomia è un progetto serio, che non spacca l’Italia e darà opportunità a tutti, anche a quella foresta che cresce e che non ha ancora voce”. Di questo ne è convintissimo. Si spiega perché era raggiante, per un “esito assolutamente positivo”. In Veneto e Lombardia la Lega è stata bacchettata dagli elettori lo scorso settembre alle politiche perché si sono sentiti presi in giro dalle promesse non mantenute seguite al referendum dall’esito bulgaro di oltre cinque anni e mezzo fa. “C’è stato il parere favorevole della quasi totalità delle Regioni italiane tranne quattro – aggiunge Zaia – le quali comunque non hanno disconosciuto il percorso autonomista, ma hanno da ridire sulle modalità. Dall’altro, è un ulteriore passo in avanti verso questo obiettivo che è stato fissato dal governo Meloni che si sta impegnando con coerenza sulla strada autonomista, e che ci vede assolutamente responsabili nel dare a questo Paese una visione molto più federalista, interpretando fino in fondo i dettami della Costituzione ma soprattutto pensare che autonomia corrisponde a responsabilità. Quella responsabilità che dovrebbe permettere a molti cittadini che oggi non hanno voce di averne domani”. A chi gli obietta che per adesso si tratta di affermazioni e che la legge, una volta approvata, dovrà passare al vaglio della realtà della prassi burocratica, il presidente del Veneto in carica dal 2010, replica che le Regioni del Sud e del Nord sono gemelli siamesi e che “se fossi un governatore del Sud sarei in festa perché, a processo ultimato, passerà il principio più Stato dove serve e meno Stato dove non serve”. Vallo a dire a Vincenzo De Luca (si legga l’intervista a fianco), che ha indossato l’elmetto per una battaglia che a rigor di numeri è persa in Parlamento, vista la netta maggioranza del centrodestra. E se sui Lep Zaia sottolinea che “è vergognoso che non si siano fatti finora perché è una questione etica e morale”, richiamandosi all’esito della giornata di giovedì insiste sul fatto che “finalmente si dà corso al dettato costituzionale che prevede l’autonomia. Non è la secessione dei ricchi ma la volontà di dare modernità, efficienza e responsabilità all’Italia”.

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