L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Politica

Zaia e Salvini, freddo al Nord: due visioni, mentre in Campania Fico si consegna a De Luca

di Ivano Tolettini -


Dietro i sorrisi e le strette di mano, la distanza resta notevole. Luca Zaia e Matteo Salvini non si prendono, e non lo fanno neppure per convenienza. Il gelo sul palco di Padova, durante la presentazione di Alberto Stefani come capolista della Lega, ha avuto il valore di un simbolo: due copioni, due Italie, due visioni dello stesso partito. A un certo punto, Salvini si è persino coperto la bocca con la mano per evitare che qualcuno leggesse il labiale. Il linguaggio del corpo ha detto tutto. Zaia è il Nord produttivo, quello che misura la politica in termini di efficienza, bilanci, export, territorio. Salvini rappresenta la Lega nazionale, lanciata su battaglie identitarie e grandi opere, più attenta alla comunicazione che ai conti. È qui, nel Veneto profondo, che la frattura tra i due si è fatta sistema. Molti amministratori e imprenditori guardano al governatore come al vero punto d’equilibrio, al leader capace di interpretare un sentimento di autonomia e concretezza. Non è un caso che le parole di Zaia l’altro ieri abbian0 toccato un nervo scoperto: “La Corte dei Conti fa il suo lavoro”, ha detto, riferendosi al Ponte sullo Stretto. Un messaggio indiretto a Salvini, ma anche a Meloni, chiaro agli elettori del Nord. Per molti veneti, 13 miliardi per un’infrastruttura lontana sembrano un lusso fuori misura. Le priorità sono altre: la sanità territoriale e ospedaliera, le manutenzioni stradali, le imprese che lottano con l’energia e la burocrazia. È la solita frattura tra il Nord che produce e il Paese che promette. Eppure, la campagna elettorale è un terreno dove le differenze si acuiscono ma non si consumano. La Lega resta un marchio radicato, anche se oggi il confronto con FdI è frontale. A Mestre, il partito di Meloni ieri ha presentato i suoi 55 candidati nelle sette province venete, con l’obiettivo di ribadire il 37 a 13 delle europee e sfidare il dominio leghista in casa propria. È qui che si misura la vera partita: chi sarà la prima forza, la Lega o FdI? Intanto, in Campania, la sfida è tutta tra Edmondo Cirielli e Roberto Fico. Il vice ministro meloniano non rinuncia alla polemica, ma anche lui predica la “pace”. “Mi fa piacere quando si fa pace – dice – anche se capisco il disorientamento degli elettori di centrosinistra dopo che Fico e De Luca se ne sono dette di cotte e di crude”. Una pace utile, perché il campo largo, senza l’appoggio del governatore uscente, avrebbe potuto avere vita dura. Cirielli prova a inserirsi in questa crepa, insistendo sul tema della legalità: “In Campania bisogna vigilare, non chiedere favori in campagna elettorale. È una terra dove la criminalità c’è e va tenuta lontana”. Poi affonda su un punto che tocca anche il Nord: l’autonomia differenziata. “Siamo già in un regime di autonomia, l’ha votata il Pd. Questa riforma mira a risolvere le sperequazioni tra Nord e Sud, garantendo i fondi per i Lep”. Un modo per dire che il progetto non divide ma completa, che il federalismo di Zaia e la riforma meloniana possono coesistere.
Ma il vero terreno di scontro, politico e culturale, resta quello dell’identità territoriale. Nel Veneto, tra Salvini e Zaia, è ormai una questione di prospettiva: uno guarda a Roma, l’altro vuole ribadire di essere il Doge. E nel Sud, con Fico che si è consegnato a De Luca, la pace è una tregua armata più che un’alleanza.


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