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Politica

Zaia sfida Salvini: la svolta moderata per riprendersi il Veneto leghista

di Ivano Tolettini -


Luca Zaia non era fisicamente a via Bellerio, ma la sua presenza si è sentita eccome. Collegato da remoto al Consiglio federale, il presidente del Veneto è apparso deciso, tagliente, più combattivo che mai. Ha parlato poco ma con precisione chirurgica. Nessuna polemica, nessun riferimento esplicito ai contrasti interni: solo la determinazione di chi sa che, a differenza di altri, si gioca in casa la partita decisiva.

La candidatura di Stefani

Nel Veneto dove la Lega è nata, Zaia punta a riconquistare il primato che alle europee di giugno è scivolato di mano. Allora Fratelli d’Italia ha superato il 37%, la Lega si è fermata al 13%. Ora, con la candidatura di Alberto Stefani a governatore e il suo nome da capolista in tutte le province, il Doge mira a ribaltare il pronostico. Vogliamo riportare la Lega almeno al 25%, se non appaiare e superare FdI”, avrebbe detto con tono deciso, invitando tutti a lavorare “senza retropensieri” e a “rimettere in moto il cuore veneto del partito”. È il messaggio di chi sa che il suo consenso personale, nelle regioni del Nord-Est, è in grado di sfidare anche quello di Giorgia Meloni. E che la sua immagine di amministratore pragmatico e autonomista continua a essere il miglior antidoto contro l’erosione a destra. Sul piano politico, l’asse con Stefani è sempre più saldo. Il giovane deputato padovano parla apertamente di “Lega federale”, di “autonomia vera” e di una “Liga Veneta che ritrovi la propria identità statutaria”. Non è un caso che nel dibattito interno sia riemerso con forza il tema del federalismo. Salvini, nel suo intervento, ha invitato tutti a non alimentare divisioni. Assente Roberto Vannacci. Il vicesegretario, legato all’associazione “Mondo al contrario”, è stato tenuto ai margini. Il consiglio federale ha deciso che i team collegati a quell’associazione dovranno occuparsi solo di attività culturali, non politiche. Tradotto: meno visibilità, soprattutto in Veneto, dove “meno si fa vedere e meglio è”, perché la sua figura rischia di allontanare quella base centrista che Zaia e Stefani cercano di recuperare.

La strategia

È la fascia elettorale che nel ’24 dopo la sterzata a destra impressa da Salvini, ha premiato Meloni. Un fenomeno che si è visto anche in Toscana, dove molti ex leghisti storici hanno preferito la sicurezza identitaria di FdI. Zaia questo lo sa bene.
E la sua strategia è recuperare terreno riportando la Lega al linguaggio originario su lavoro, impresa, autonomia e concretezza amministrativa, liberandola dai simbolismi divisivi. “La Lega deve tornare protagonista in Veneto, senza complessi e senza alibi.” Salvini si è detto “molto soddisfatto”, ma tra le righe si legge la consapevolezza che la sfida più dura è proprio quella di casa. Perché se la Lega dovesse tornare prima forza in Veneto, il vento politico cambierebbe direzione. Zaia, per ora, non scopre tutte le carte. Ma la rotta è chiara: da capolista e da motore della campagna vuol riportare al centro la sua idea di Nord produttivo e responsabile. In gioco non c’è solo una regione, ma il futuro stesso dell’identità leghista. Salvini è avvisato.


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