Esteri

ZARWAR – La guerra dello zar

di Adolfo Spezzaferro -

A Gazprom employee stands near to the new bitumen processor at the OAO Gazprom Neft oil refinery in Moscow, Russia, on Thursday, Sept. 20, 2012. OAO Gazprom Neft, the oil arm of Russia's state-run natural-gas producer, started operating a 3.2 billion-ruble ($100 million) bitumen processor at its Moscow refinery this month as it seeks to reduce pollution. Photographer: Andrey Rudakov/Bloomberg


La tensione tra Russia e Occidente è alle stelle e i venti di guerra spirano sempre più forti, tanto che persino la Cina prende posizione e chiede un cessate il fuoco. Mentre il presidente russo Vladimir Putin ordina la mobilitazione parziale mandando centinaia di migliaia di riservisti al fronte e le possibilità di una soluzione diplomatica del conflitto si azzerano, Kiev sottolinea che nessun Paese vuole di più la pace dell’Ucraina. Ma intanto la guerra va avanti.

La situazione in Ucraina “mostra un trend in espansione e di lungo termine, con effetti di contagio negativi sempre più gravi che la parte cinese non vuole vedere: le priorità sono il cessate il fuoco e la fine della guerra”. Incontrando l’omologo polacco Zbigniew Rau a margine dell’Assemblea dell’Onu di New York, il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto che “la Cina non starà a guardare né aggiungerà benzina sul fuoco, continuando a svolgere il proprio ruolo a modo suo. Allo stesso tempo – si legge in una nota di Pechino – sosteniamo l’Ue e i principali Paesi europei a continuare a mediare e a fare ogni sforzo per la pace”. Yi ha affermato che l’ampliamento e il prolungamento della “crisi in Ucraina non sono nell’interesse delle parti” e la Cina auspica che “i focolai di guerra si plachino al più presto” con la ripresa dei colloqui di pace. Secondo una nota di Pechino, la Cina “ha sempre sostenuto l’istituzione di un’architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile per fornire una garanzia duratura per la pace. A tal proposito, continuerà a impegnarsi nella promozione dei colloqui di pace”. In sostanza l’escalation russo-ucraina allontana Pechino da Mosca. Un dato da non sottovalutare.

La Russia, ancora più isolata, carica a testa bassa. “Circa 10.000 cittadini” russi si sono già presentati volontari per l’arruolamento nel primo giorno della mobilitazione parziale. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento per la mobilitazione, ammiraglio Vladimir Tsimlyansky, citato dalla Tass. Dal canto suo, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov torna all’attacco del governo di Kiev. “L’Ucraina sta diventato uno Stato totalitario di tipo nazista. Il regime di Kiev sta intensificando le persecuzioni dei dissidenti, i giornalisti sono perseguiti, e così chiunque abbia una visione diversa”. Lavrov ha anche respinto al Consiglio di Sicurezza Onu le accuse occidentali sull’Ucraina e ha accusato Kiev di “trascinare i combattimenti per indebolire la Russia”, sottolineando anzi che l’Occidente è parte del conflitto in Ucraina. “Gli Usa e i loro alleati con la connivenza delle organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno coperto i crimini del regime di Kiev”, è l’accusa del capo della diplomazia russa.

Le intenzioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sono pericolosamente chiare: chiedere ancora più armi e armamenti all’Occidente con l’obiettivo (disperato) di vincere la guerra contro la Russia. Ma il quadro è ancora più esplosivo. Perché nel frattempo la Russia ha preparato un progetto per il referendum per l’autodeterminazione delle repubbliche del Donbass, di Kharkiv e di Kerson per l’integrazione con la Federazione Russa. Mosca riconoscerà immediatamente il risultato dei referendum e da quel momento quelli saranno territori integranti della Federazione Russa e da allora qualsiasi attacco da parte della Nato potrà avere un risposta immediata sui territori della Nato. Uno scenario terrificante. E Kiev ci mette il carico. “Non c’è spazio per la neutralità in questa crisi creata dalla Russia”. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmyrto Kuleba al Consiglio di Sicurezza Onu.

Intanto sul fronte dell’altra guerra, quella economica, la situazione per la Ue peggiora rapidamente. Il caro energia e la crisi economica che ha scatenato sta portando i Paesi membri ad adottare misure da economia di guerra. Spicca in tal senso l’immobilismo dell’Italia, in linea con quello della Commissione Ue, che rimanda ancora interventi per limitare i danni a famiglie e imprese. Al contempo Bruxelles stabilisce nuovi giri di vite sul fronte delle sanzioni contro Mosca e gli Stati membri continuano a inviare armi a Kiev. Quindi più la guerra durerà e più la crisi economica piegherà la Ue. Gli unici a guadagnarci sono gli Stati Uniti, che venderanno il loro gas liquefatto a prezzi salatissimi a un’Europa al freddo e al buio dopo che la Russia ha chiuso i rubinetti di Gazprom.

Il problema più grande sarà se e come riprendere i rapporti commerciali con Mosca quando questa guerrà sarà finita. Nel frattempo, la Ue – in linea con Usa e Nato – prosegue imperterrita nella linea dura. Dove il nemico rischia di non essere più soltanto Putin ma tutti i russi. Ecco, in tal senso, l’Occidente dovrebbe dare ascolto a quelle seppur minime proteste di piazza dopo la mobilitazione parziale. Dire ai russi che non sono tutti “cattivi”, ma che sono vittime di un regime. Ma stiamo comunque parlando di una minoranza esigua: la stragrande maggioranza della popolazione sta con Putin e crede nella Russia di Putin. Così come ritiene gli ucraini colpevoli dei massacri negli ultimi otto anni ai danni delle popolazioni russofone nel Donbass. E condanna l’Occidente perché arma gli ucraini. Allo stato attuale i Paesi Ue invitano a disertare, a tradire. Non proprio l’approccio giusto per far sentire la loro vicinanza al popolo russo. In tutto questo, in Italia la Russia (e non la guerra, con tanto di minaccia atomica agitata da Putin) è al centro della campagna elettorale, con le accuse reciproche tra i partiti in lizza tra chi è filo Mosca e chi troppo filo Kiev. E l’entrata a gamba tesa del Cremlino, che pubblica le foto dei premier italiani con Putin: “Ne abbiamo da ricordare”, dice l’ambasciata russa in Italia (quasi una minaccia). Chissà invece se e quanto peserà sul voto la crisi economica scatenata dalla guerra.


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