Economia

Zavorra Bce, così i tassi frenano la crescita delle imprese

di Giovanni Vasso -


L’Italia cresce. Ma se la Bce non fosse stata così agguerrita a rialzare i tassi, molto probabilmente le cose, per le nostre imprese e per il nostro Paese, sarebbero andate ancora meglio. Secondo gli analisti dell’Istat, a pesare sulle prospettive economiche dell’Italia, che comunque sono importanti se analizzate nell’attuale contesto economico globale, sono state le strategie di politica monetaria decisa dai banchieri centrali di Francoforte. Ma a gravare sull’evoluzione dell’economia c’è stata anche l’incertezza legata ai bonus edilizi, in particolare al Superbonus. Che ha causato più di un grattacapo. Tanto ai ragionieri di Stato, che si sono ritrovati a denunciare buchi di cassa imponenti, quanto ai contabili delle imprese di costruzioni, sballottati dalle informazioni e dalle indicazioni contrastanti e da una normativa che, via via, s’è fatta sempre più stringente e intransigente.

L’Istat, nel documento sulle prospettive economiche del Paese, mette nero su bianco che, premesso che “molto dipenderà dalla realizzazione del piano di investimenti pubblici previsti dal Pnrr”, “timidi segnali positivi provengono, nonostante la flessione di maggio, dalle attese sulla liquidità e sugli ordini delle imprese manifatturiere”. E aggiunge: “La fine delle misure di incentivo al settore delle costruzioni, l’incertezza intorno alla situazione geopolitica, la politica monetaria restrittiva della Bce, il rallentamento della produzione industriale e la riduzione del grado di utilizzo degli impianti, potrebbero costituire un freno alla dinamica del processo di accumulazione di capitale”. Insomma, se il denaro costa di più sarà più difficile procurarsene. Le condizioni di finanziamento per le imprese, in un momento cruciale di transizione green e digitale, andranno peggiorando. E se da un lato c’è il rischio del cosiddetto credit crunch, ossia della sostanziale inavvicinabilità ai mutui per famiglie e aziende, dall’altro c’è il pericolo che le imprese non riescano a finanziare la loro ricerca. Con lo spauracchio di poter finire addirittura fuori mercato.

L’Istat riferisce che “considerando l’insieme di questi elementi” nel 2023 “gli investimenti sono previsti in crescita (+3%)”, ma risultato nettamente “in rallentamento rispetto agli ultimi due anni”. Insomma, “una dinamica più contenuta è prevista per il 2024 (+2%), questo determinerebbe una riduzione del rapporto investimenti/Pil che si attesterebbe al 21,4% nel biennio”. La competitività delle imprese, e l’economia di riflesso, potrebbero pagare un prezzo altissimo a causa della politica monetaria ideologica attuata da Christine Lagarde e dal board della Bce.

Per fortuna, però, c’è anche qualche buona notizia. Il Pil mette il turbo nel 2023 per poi rallentare l’anno prossimo. Le stime dell’Istat sulle prospettive economiche italiane parlano chiaro: il prodotto interno lordo italiano salirà dell’1,2% quest’anno mentre la crescita prevista per il 2024 sarà leggermente più bassa, stimata in circa l’1,1 per cento. A sorreggere il Pil è, ancora una volta, la domanda interna. L’Italia che “compra” italiano. Il parametro è stimato in aumento di un punto percentuale nel 2023 e dello 0,9 per cento per il 2024. Per la domanda estera, invece, si prevede una crescita più bassa. Le previsioni riferiscono di una crescita dello 0,3% per quest’anno e di appena lo 0,2% per il prossimo.


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