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Zhang, game over: l’Inter passa a Oaktree

di Giovanni Vasso -


Zhang, game over: l’Inter passa armi, bagagli, dirigenti e seconda stella al fondo Oaktree. La scadenza per rientrare dal prestito, che aveva sfiorato ormai qualcosa come 400 milioni di euro, è passata senza che il presidente interista riuscisse a onorarla. È scattato, perciò, il passaggio delle quote del club che lo stesso Steven Zhang aveva messo a garanzia del prestito. La telenovela è finita? Forse no. Perché, da giorni, si rincorrono le voci secondo cui gli americani avrebbero già un compratore disposto a subentrare all’imprenditore cinese che, dalla Cina, non può più nemmeno uscire. L’unico che è sicuro di restare, oltre all’allenatore Simone Inzaghi, è il direttore Giuseppe Marotta che sembra quasi una sorta di “garante” dell’operazione. O, quantomeno, del passaggio indolore dalla proprietà cinese a quella americana. La nota arrivata dalla California ha suggellato l’affare. “Dal 22 maggio 2024, i fondi gestiti da Oaktree Capital Management, Lp sono proprietari di Fc Internazionale Milano. Questo fa seguito al mancato rimborso del prestito triennale concesso da Oaktree alle holding dell’Inter, scaduto il 21 maggio 2024 con un saldo complessivo di circa 395 milioni di euro”. E ancora: “Nel maggio 2021, con l’inter che si avviava a registrare perdite finanziarie record per l’esercizio finanziario 2020/2021, Oaktree ha fornito alle holding dell’Inter le risorse necessarie per stabilizzare la situazione finanziaria del Club e continuare cosi ad operare, garantendo anche il pagamento di giocatori e dipendenti. Nei tre anni trascorsi dall’intervento di emergenza di Oaktree, l’Inter ha vinto la sua ottava e nona Coppa Italia, si è assicurata la sesta, settima e ottava Supercoppa, e ha guadagnato il 20esimo scudetto e la storica seconda stella, oltre ad aver raggiunto la finale di Uefa Champions League per la prima volta dal 2010”. Gli americani vogliono un’Inter vincente. Non solo sui bilanci, dove hanno collezionato una sconfitta dietro l’altro, ma soprattutto in campo: “Oaktree è dedicato a conseguire il miglior risultato per la prosperità a lungo termine dell’Inter, con un focus iniziale sulla stabilità operativa e finanziaria del Club e i suoi stakeholder. Oaktree ha un grandissimo rispetto per la storia dell’Inter, la passione dei giocatori, la lealtà degli interisti; ha inoltre grande considerazione per il significativo ruolo del Club nei confronti della città di Milano, dell’Italia e della comunità sportiva globale”. Tre notizie in altrettante righe: Lautaro si scordi ritocchi mostruosi all’ingaggio, sappiamo che il bacino d’utenza nerazzurro è tanto ampio che farla fallire proprio non si può, ora che abbiamo messo un piede a Milano, non ce ne andremo così facilmente. “Oaktree intende lavorare a stretto contatto con l’attuale team di gestione dell’Inter, con i partner, con la Lega e con gli organi di governo della sport per garantire che il Club sia posizionato per il successo dentro e fuori dal campo, concentrandosi su una gestione e una governance solide con una visione di crescita sostenibile e di successo”, conclude la nota: “Oaktree e il gruppo dirigente dell’Inter saranno in contatto con i principali stakeholder del Club nelle prossime settimane al fine di assicurare una transizione ordinata e senza ostacoli”.

Con il passaggio dell’Inter, un’altra proprietà italiana finisce in mani straniere. E, in particolare, americane. Come il Milan, il Bologna, l’Atalanta, la Roma e via discorrendo. In fondo, lo sport business l’hanno inventato loro. Ma il tema vero è un altro ancora. Se il calcio è lo specchio di un Paese, quello italiano dimostra il rimpicciolimento delle classi dirigenti, dell’imprenditoria e dell’economia nazionale, sempre più litigiose (come accade in Lega) e sempre meno capaci di resistere su uno scenario di competizione globale. E che, per inciso (e a meno di clamorose novità dell’ultima ora) sull’Inter non ha mai toccato palla. Per Zhang, dunque, l’epilogo più amaro. Ci aveva provato, sabato scorso, a trascinare i tifosi dalla sua. A denunciare la “protervia” di Oaktree, ad accreditarsi, lui, come il presidente che più degli altri ha speso (quasi un miliardo di euro, per la precisione 900 milioni) e ha vinto più degli altri (sette trofei, come Moratti padre, Massimo, invece, è imprendibile). L’era Suning, iniziata anche qui da un padre, è finita col figlio. Milano, rispetto alle ragioni del cuore, s’è divisa. Grati, senza dubbio, al povero Steven per essersi svenato pur di portare la Beneamata a una finale di Champions e alla seconda stella, tanto agognata. Ma scettici sulla sostenibilità di un progetto economico che saltellava tra fossi di bilancio (i debiti erano a oltre 800 milioni) e appesi alla benevolenza di questo o quel fondo prestatore.


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