Meloni spinge sul Piano Mattei mentre Confindustria, per cui la difesa della filiera dell’acciaio resta una priorità, torna a chiedere attenzione sul nucleare e un piano per salvare, con l’ex Ilva, anche la produttività del Paese. La premier, nella cabina di regia del piano Mattei, avrebbe riferito che il progetto (ora) riguarda quattordici nazioni africane (alle 9 originarie si son aggiunti Angola, Ghana, Mauritania, Senegal e Tanzania) ha riferito della necessità di trovare strumenti finanziari utili alla messa a terra dei progetti mentre quelli con il Fondo Multifinanziario con la Banca Africana di Sviluppo e quelli legati all’intesa di co-finanziamento dei progetti con la Banca Mondiale sono già pienamente operativi. Meloni, quindi, ha tracciato la rotta nel senso di un’internalizzazione che punti a rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti e con i Paesi del Golfo Persico. Non solo piano Mattei, però: il presidente Confindustria Emanuele Orsini riporta l’attenzione sui temi nazionali. A cominciare dall’energia: “Se vogliamo restare la seconda manifattura d’Europa serve il nucleare”, ha affermato nel suo intervento all’assemblea degli industriali a Varese. In cui ha sottolineato: “Se noi vogliamo avere delle politiche industriali forti per il futuro serve avere la siderurgia. Non possiamo pensare di perdere un’impresa così importante per essere competitivi”. E infine ha chiarito i temi dell’agenda nell’incontro col ministro Urso: “Bisogna costruire un percorso in cui vengano incentivati gli investimenti perché in un momento di incertezza dovuta ai dazi degli Stati Uniti e alle nuove economie geopolitiche modificate in così poco tempo, si crea un’incertezza che mette in stallo gli investimenti. Serve una strategia di 3-5 anni”.