Attualità

L’art. 5 del Trattato Nato e il possibile ritorno allo spirito di Pratica di Mare

di Francesco Da Riva Grechi -


Il ferragosto di lavoro del Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha cambiato lo scenario in modo dirompente e sarà sempre da lodare sia il suo coraggio, sia, soprattutto, il coraggio del Presidente Russo Putin che ha accettato di porre piede sul suolo americano, al riparo dalle insidie del grottesco ordine di cattura della Corte Penale Internazionale. A parere di chi scrive, può essere l’avvenimento che cambia la direzione del piano inclinato sul quale scorre inesorabile il fiume della storia, se verso la pace o verso la guerra. Sembrava addirittura si potesse tornare al tempo dello storico summit di Pratica di Mare, vicino Roma, dove il 28 maggio del 2002, il Presidente Berlusconi portò il presidente americano George Bush e quello russo Vladimir Putin a firmare degli accordi tra la federazione russa e la NATO che avrebbero addirittura potuto portare nella Nato la stessa federazione. L’eclissi di questa prospettiva, di un’alleanza anche militare, che possa unire l’occidente e la Russia, nell’ottica di Trump, è un peso che grava sulle spalle delle amministrazioni americane fino a quella di Joe Biden, vero colpevole, secondo l’attuale Presidente, anche dell’attuale conflitto in Ucraina. Certo e pregevole è comunque il richiamo ad un meccanismo di garanzia per la sicurezza in Europa che si richiami, direttamente o indirettamente, all’art. 5 del Trattato Nato, in base al quale l’attacco ad uno stato membro viene automaticamente considerato un attacco a tutti i paesi dell’alleanza. Questa la posizione del governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, esposta dalla premier al tavolo di Washington ed indirizzata ad estendere queste garanzie all’Ucraina pur senza rendere questa nazione formalmente membro dell’alleanza atlantica. Quest’ultima circostanza è infatti avversata dal Presidente russo in maniera fiera ed intransigente. Tornando allo spirito del tavolo di Pratica di Mare del 2002, potrebbe essere una bandiera della politica italiana la proposta di un accordo che possa garantire allo stesso modo delle nazioni Nato anche la federazione Russa che dunque sia posta in condizione di accettare un pace giusta anche per l’Ucraina che presuppone anzitutto la garanzia della sicurezza della stessa Russia. Insomma una sicurezza che sia reciproca e duratura, appunto perché reciproca. Certo la situazione geopolitica è completamente diversa rispetto al 2002 che pure aveva già assistito alla tragedia dell’attentato alle Torri gemelle del World Trade Center di New York. Oggi viviamo in un mondo in guerra dove si fabbricano e si vendono sempre più armi, i conflitti sono sempre più aspri e non c’è nessun rispetto per le vittime civili. Le tensioni sembrano scivolare, come si è detto all’inizio, su di un piano inclinato verso un progressivo tragico aggravamento ma, come pure si è detto, questa tendenza può essere invertita ed il vertice di Anchorage lo conferma. Ancora di più i tavoli di Washington, con il Presidente Ucraino Volodymyr Zelens’kyj, al quale Trump giustamente chiede più flessibilità, ed i principali leaders europei tra cui Giorgia Meloni. E ancora di più i prossimi incontri incentivati e promossi da Donald Trump. Suo infatti il merito di aver costruito tutte queste occasioni di dialogo e pacifico confronto, da non perdere!


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