Caro Sindaco di Udine…
Ascolti le parole di un patriota, la prego! Lei che vive sul quel fronte orientale che tanto dolore ha causato al popolo italiano, che troppo ha pagato divisioni antiche e moderne e che intero ha pagato il tradimento e la sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale, perché vuole oggi acuire divisioni e odi che si consumano alle porte dell’Europa, in Medio Oriente, sulle sponde del mediterraneo? Probabilmente la mia sensibilità di giurista è troppo lontana dalla sua, di ingegnere gestionale, e dipende da questo, da come si leggono la storia e la guerra, che non riesco a capire la sua scelta di impedire il gioco nella sua città di una partita di calcio tra la squadra del nostro paese e quella di Israele. I media riferiscono che lei ha sostenuto: “Lo stadio è gestito dall’Udinese, la decisione di ospitare i match della nazionale è della Figc, la partita è organizzata dall’Uefa. Come Comune siamo al terzo livello, chiamati a occuparci di ordine pubblico con il coordinamento della Prefettura. Ci sono state manifestazioni di dissenso un anno fa, non potranno non essercene tra un mese e mezzo”. Ricordando la sua età – 70 anni – il primo cittadino sostenuto dalla sinistra ha aggiunto di “non ricordare nulla di simile a quel che sta accadendo a Gaza”. Mi scusi, ma che c’entra la partita? Impedire di giocare a pallone a uomini che hanno scelto di vivere da sportivi non è un’ingiustizia secondo lei? A che serve dire di no ad un gioco e ad una manifestazione sportiva di rilievo mondiale? A prescindere da quello che succede a Gaza, un conflitto che non nasce certo nel mondo dello sport, atroce come ogni guerra, personalmente credo che la pace sia un diritto assoluto che compete ad ogni persona, ogni nazione, ogni stato, ma non si ottiene dicendo di no ad un evento inserito in un contesto di concordia mondiale e di festa. Probabilmente è nella lettura di questo evento che le nostre distinte capacità di discernimento divergono in maniera irrimediabile. A parere di chi scrive, un campionato mondiale di calcio è una continua occasione di dire no all’odio, no alla guerra, no al razzismo, come effettivamente si vede in ogni partita di questo sport che unisce tutto il pianeta. È un avvenimento pensato come si pensavano le olimpiadi nell’antichità, note perché per tutta la durata dei giochi (cinque giorni) venivano sospese le guerre in tutta la Grecia, secondo il principio della c.d. tregua olimpica. Io non so cosa veda lei in eventi sportivi universali come questi, ma sicuramente non sono occasione di aggravamento di tensioni o conflitti. Al contrario, sono applicazione di regole ad esercizi di forza, di competizione, di lotta. Laddove la guerra è sopraffazione indiscriminata, non c’è sport che non si svolga secondo regolamenti uguali per tutti sui quali decidono arbitri imparziali. Laddove la guerra è annientamento dell’avversario con ogni mezzo, le regole di tutti gli sport impongono di non arrecare mai alcuna lesione volontaria a coloro contro i quali si combatte o si gareggia. Laddove la guerra si prepara e si svolge utilizzando armi sempre più distruttive, letali e mortali, gli eventi sportivi si preparano con allenamenti e sacrifici che non sono mai contro nessuno. Quindi, le chiederei, che c’entra la partita Italia – Israele di calcio con la guerra di Israele contro Hamas? Perchè questo no?
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