IL CARRELLO DELLA SPESA – Demotorizzazione di massa: volano i prezzi delle auto
Che auto, che prezzi. Erano altri tempi, sul serio. Nel 1955, la Fiat presentò sul mercato la mitica 600. Costava 590mila lire, suppergiù 10.700 euro di oggi. Chiavi in mano. Poi, due anni dopo, arrivò la 500, anzi la “Nuova” 500. Il prezzo era di 490mila lire del 1957, nemmeno 8.300 euro di oggi. Fu così che l’Italia salì a bordo dell’automobile e si avviò quel processo che, poi, è passato alla storia come la motorizzazione del Paese. La macchina come simbolo di ricchezza e di benessere, uno status symbol. Certo. Ma, prima ancora, di libertà, di movimento e, in un certo senso, come “cemento” del consenso rispetto a una (allora) giovane Repubblica che si affacciava sull’Occidente avendo, in casa, il Partito comunista più forte del mondo libero. Da allora, tanto tempo è passato. Tutto è cambiato. Le auto inquinano e l’Ue ha dichiarato di voler cambiare il mondo vietando, o quantomeno limitando, nella piccola e sempre più inconsistente Europa, le emissioni di Co2. Ma la coscienza green o la ritrovata voglia di vivere le città a passo d’uomo non c’entra proprio niente con la demotorizzazione di massa a cui stiamo assistendo a settant’anni circa dalla “nascita” delle gloriose utilitarie che misero le ruote a un Paese che voleva lavorare, vivere e star meglio. Il guaio (vero) è che di auto a buon mercato non ne fanno proprio più: tra le millemila marche e modelli presenti su un mercato sempre più asfittico, solo una è la vettura che costa meno di 15mila euro. Il doppio (suppergiù) del prezzo della vecchia 500. Lo rivela uno studio di Quattroruote. Il listino cumulativo dei prezzi delle auto nuove ha subito un rialzo del 37% rispetto al 2019, l’ultimo anno prima del Covid e della crisi energetica. Già allora i costi si facevano sentire ma, fino a quattro anni prima, c’erano (almeno) 33 modelli di autovettura disponibili, davvero, per le tasche di tutti, con un prezzo inferiore ai 15mila euro. Adesso ce n’è uno solo. Ma non basta. Perché, per apprezzare al meglio la curva (rialzista) del prezzo delle nuove auto, gli analisti di Quattroruote hanno proposto un “indice Panda”. La “piccola” di casa Fiat, idealmente l’erede (per tutti), della 500. Ebbene, il prezzo di una Panda nuova, che nel 2015 era stabilmente sotto gli 11mila euro, è salito oggi a ben 15.485 euro, facendo segnare un aumento, clamoroso, del 41% in dieci anni.
Ecco, dunque, perché gli italiani non comprano più auto nuove: i prezzi sono alti. Perché costano molto. E perché, a causa dei messaggi che arrivano dai decisori politici, a cominciare da Bruxelles, c’è la paura di ritrovarsi ad aver speso denaro per un’auto che, entro pochi anni, dovrà essere per forza di cose rottamata. Dal ban al motore termico fino all’assurda gara dei sindaci, specialmente nelle grandi città, a vietare aree sempre più grandi a determinati tipi di veicoli. Una mossa che, come la tassa di soggiorno, era nata sotto i migliori auspici. Ma che, poi, s’è rivelata per ciò che era: l’ennesima trovata per spennare i cittadini. Ma insieme ai costi delle auto nuove crescono pure le spese per mantenerla. Quattroruote segnala rialzi del 18,6% per la benzina e del 22,2% per il gasolio, rincari anche per riparazioni (+21,7%), per pedaggi (+22,7%) e per imposte (+20,4%). E, naturalmente, le assicurazioni. Il risultato è un parco macchine circolante che ha un’età media di tredici anni, case automobilistiche che non vendono più e la produzione che diminuisce ogni giorno che passa. Forse è il caso di rivedere qualcosa, a cominciare forse proprio dai prezzi delle auto, altrimenti la demotorizzazione di massa, più che una boutade, sarà la nostra realtà.
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