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Sport

Rugby, scontro sulla nuova lega “Rugby 360”

Stop alla Nazionale per chi aderisce al progetto

di Redazione -


Altolà ufficiale delle principali federazioni rugbistiche mondiali alla nascita di “Rugby 360” (R360), la nuova lega privata che punta a rivoluzionare il panorama del rugby internazionale con franchigie itineranti e match nelle grandi metropoli globali. In una nota congiunta, le federazioni di Italia, Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica, Irlanda, Inghilterra, Scozia e Francia hanno messo in guardia giocatori e tecnici. Chi aderirà alla nuova competizione sarà ineleggibile per le rispettive squadre nazionali. Il messaggio è chiaro: nessun compromesso tra la nuova lega Rugby 360 e le Nazionali.

Il progetto della nuova lega

Le federazioni hanno invitato alla “massima cautela” gli atleti che stanno valutando la proposta. Ricordano che l’adesione al progetto comporterà l’esclusione dai tornei ufficiali internazionali, incluso il Sei Nazioni, Rugby Championship e Coppa del Mondo. Il progetto della nuova lega Rugby 360 è guidato dall’ex campione del mondo inglese Mike Tindall e dall’agente Mike Spoors. Dovrebbe partire nel settembre 2026 con otto squadre maschili e quattro femminili. Secondo fonti vicine all’organizzazione, colossi come Fenway Sports Group (proprietario del Liverpool FC), la famiglia Glazer (Manchester United e Tampa Bay Buccaneers) e Red Bull sarebbero pronti a investire circa 15 milioni di sterline per squadra, sostenuti da diversi fondi internazionali.

Il rischio frammentazione

Le federazioni, pur riconoscendo il valore dell’innovazione e dei nuovi capitali, avvertono che “qualsiasi competizione deve rafforzare il rugby, non frammentarlo o indebolirlo”. Il comunicato sottolinea inoltre come R360 non abbia chiarito aspetti fondamentali legati alla tutela della salute dei giocatori, alla compatibilità con i calendari ufficiali e alla possibilità per gli atleti di rappresentare il proprio Paese. Secondo le otto federazioni, il modello economico della nuova lega Rugby 360 appare “concepito per generare profitti destinati a un’élite ristretta”.

I rischi paventati

Il rischio è di “svuotare gli investimenti nel rugby di base, nella formazione e nei percorsi giovanili”. Un rischio che, denunciano, “potrebbe arrecare un danno enorme alla salute del nostro sport”. Con il fronte delle federazioni compatto e i grandi club ancora alla finestra, il progetto R360 si trova ora di fronte al primo, grande placcaggio politico e sportivo: quello di chi difende l’identità del rugby come sport di squadra, tradizione e rappresentanza nazionale.


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