Sara Di Mario: La vera energia nasce dalla fiducia. Per una transizione sostenibile servono metodo e sinergia
Sara Di Mario è un’ingegnera e imprenditrice nel settore dell’energia rinnovabile. Riconosciuta come Donna in Classe A da Enea e TEDx speaker, è attiva nella formazione e docente presso autorevoli realtà. Con una laurea in Ingegneria Aerospaziale, è una voce di riferimento nella transizione energetica sostenibile.
Dottoressa Di Mario, quali sono, secondo lei, le lezioni più importanti che possiamo trarre dall’esperienza europea per accelerare la transizione energetica in Italia in modo efficace e sostenibile?
“Dall’Europa possiamo imparare che la transizione energetica non è solo una questione tecnologica, ma di metodo e visione. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA, 2024), le fonti rinnovabili coprono oggi il 24,5 % del consumo finale lordo nell’Unione Europea, con Paesi come Danimarca, Portogallo e Grecia che hanno raggiunto grandi risultati grazie a processi autorizzativi chiari, rapidi e facilmente e tracciabili. In Italia siamo al 19,6 % (IEA Bioenergy, 2024): il potenziale c’è, ma serve stabilità, collaborazione e fiducia reciproca. La vera accelerazione arriverà da un ecosistema capace di far dialogare pianificazione, pubbliche amministrazioni e industria”.
L’Italia ha un grande potenziale in ambito solare ed eolico, ma spesso incontra ostacoli burocratici e normativi: quali cambiamenti concreti sarebbero necessari per sbloccare questi settori?
“Le rinnovabili non hanno bisogno di nuovi incentivi, ma di certezze. Secondo Terna (2024), nel 2024 le fonti rinnovabili hanno coperto un record del 41 % della domanda elettrica italiana. Tuttavia, la media complessiva sul consumo energetico resta intorno al 19-20% (dato 2023). Gli ostacoli sono soprattutto procedurali: tempi lunghi, competenze frammentate, iter diversi da Regione a Regione, ostilità localizzate. Serve una “sburocratizzazione intelligente”: uniformità fra le varie Regioni, unità di vedute, digitalizzazione dei processi, comunicazione ed apertura di vedute nelle pubbliche amministrazioni e nell’industria stessa. Nella mia azienda viviamo tutto questo ogni giorno: gestiamo il permitting con metodo e velocità, ma la nostra efficienza non può sostituirsi a un sistema che ancora rallenta. Ci scontriamo ancora spesso con singoli Enti ostili verso le rinnovabili, viceversa spesso gli stessi investitori si pongono con scetticismo verso gli Enti, a causa di ostruzionismo sperimentato negli anni. In sintesi, manca visione comune e c’è troppa frammentazione di iter, vedute e approccio fra le Regioni italiane”.
In quanto docente e divulgatrice, come valuta il livello di consapevolezza e preparazione delle nuove generazioni rispetto alle sfide energetiche e climatiche? Stiamo formando i professionisti del futuro?
“Le nuove generazioni hanno una sensibilità ambientale profonda, ma non sempre trovano percorsi che uniscano competenze tecniche e visione d’insieme. Come docente e imprenditrice, vedo, e scelgo, giovani curiosi, preparati, coraggiosi e motivati. La transizione richiede, oltre che competenze, anche flessibilità e apertura al nuovo: a volte sono più le imprese ad esserne carenti che i giovani, che per età e formazione guardano invece molto più avanti..”
Le discipline Stem sono centrali nella transizione ecologica, ma il divario di genere resta alto. Come possiamo avvicinare più donne a questi percorsi e valorizzarne il contributo?
“È un tema che mi sta a cuore. In Europa, secondo la Commissione Europea (2024), solo il 33% dei laureati in discipline Stem è donna. Colmare questo divario non è solo una questione di equità, ma di competitività: la transizione energetica ha bisogno di competenze diverse, di pensieri laterali, di visioni inclusive. Ben vengano quindi programmi come “5 Passi da Ingegnera”, il programma formativo per la promozione delle discipline Stem, promosso da Enea nell’ambito della campagna nazionale sull’efficienza energetica “Italia in Classe A”, di cui sono stata relatrice e ambassador. Un’iniziativa che incoraggia le studentesse ad avvicinarsi ai percorsi tecnico-scientifici, mostrando come l’ingegneria possa essere anche una strada di creatività, relazione e libertà. Credo che la parità non sia un traguardo, ma un modo di vivere il lavoro. Quando una ragazza sceglie l’ingegneria, non abbatte solo uno stereotipo: costruisce energia nuova”.
A livello europeo stiamo assistendo a una spinta verso l’indipendenza energetica e la decarbonizzazione: l’Italia sta facendo abbastanza per allinearsi agli obiettivi del Green Deal? Quali sono le aree in cui siamo più indietro?
“Secondo Eurostat (2024) e ISPRA (Rapporto Energia e Clima, 2024), l’Italia importa ancora circa il 75% dell’energia che consuma: è uno dei valori più alti tra i grandi Paesi europei. Bene sull’efficienza e sulla ricerca, più lentamente sull’attuazione e sulla semplificazione. Il nostro ritardo è culturale e procedurale: la transizione non si misura in megawatt, ma nella capacità di costruire filiere integrate, dove pianificazione, ingegneria, costruzione e manutenzione si tengano insieme. Nel mio lavoro credo che la vera energia sia quella delle persone: di chi progetta, di chi lavora nei cantieri, di chi crede che sostenibilità significhi anche cura, ordine e rispetto. Fare ingegneria oggi vuol dire questo: costruire energia, ma anche fiducia”.
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