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Mistero in cella frigo, Andrea non si è ucciso da solo

di Ivano Tolettini -


Non bastano i verbali, non bastano i primi accertamenti dei carabinieri per archiviare la morte di Andrea Costantini, 38 anni, come un gesto estremo. Trovato la sera del 15 settembre nella cella frigorifera del discount di via Corsica dove lavorava, con un coltello accanto e il corpo ormai rigido per il freddo, la sua storia è diventata in poche settimane un caso giudiziario e umano che spacca una comunità e costringe la Procura di Larino a non fermarsi alla prima ipotesi.

Un dossier di 50 pagine

A distanza di oltre un mese, i genitori, una famiglia di Penne, nel pescarese, hanno consegnato un dossier di oltre cinquanta pagine ai magistrati. Dentro ci sono foto, testimonianze, dettagli e un elenco di richieste: una nuova autopsia, una perizia grafologica su un biglietto lasciato dal figlio, la visione delle telecamere del supermercato e il sequestro di un terreno che Andrea aveva acquistato tre mesi prima della morte. Tutto per dimostrare ciò che per loro è già certezza: non si è ucciso da solo.

Il referto medico

Secondo il primo referto medico, il trentottenne si sarebbe ferito con un coltello. Ma le immagini scattate subito dopo il ritrovamento mostrano segni evidenti sul collo, che la famiglia interpreta come compatibili con uno strangolamento. “Non può essersi inflitto da solo quelle ferite”, ripetono i genitori, convinti che dietro la tragedia ci sia una mano esterna. Nel dossier, la famiglia indica anche la compagna di Andrea, Angela, con la quale i rapporti si sarebbero incrinati negli ultimi mesi. Lui voleva tornare in Abruzzo, “dare una mano al padre nella macelleria di famiglia”, mentre lei si sarebbe opposta. Discussioni, distanze, fino a un silenzio che oggi pesa come un macigno.

Le verità “inconciliabili”

Gli avvocati della donna parlano di sospetti infondati e di un dolore “che non merita e deve essere strumentalizzato”. Ma la frattura resta, e nella cronaca si allarga come una crepa tra due verità inconciliabili. C’è poi quel terreno acquistato a giugno, di cui nessuno sapeva molto. I familiari chiedono di capire chi glielo avesse venduto, e se l’affare nascondesse pressioni o debiti. Il sospetto è che Andrea possa essere finito in un giro più grande di lui. Una pista della criminalità organizzata, quella che nel basso Molise e nel vicino Abruzzo si muove tra minacce, incendi e racket agricolo, affiora nelle parole dei genitori: “In quelle zone non si muove nulla senza che qualcuno controlli”. Non c’è una prova, ma l’ambiente è torbido. Il discount dove Andrea lavorava era già stato segnalato per furti e intimidazioni.

L’autopsia di Andrea Costantini

I colleghi, ascoltati dagli inquirenti, parlano di un ragazzo “tranquillo, sempre sorridente”, senza ombre apparenti. Ora la Procura lavora su più fronti. I prossimi passi d’indagine includono la verifica dell’autopsia, con l’esame tossicologico e la ricerca di eventuali traumi; l’analisi forense della scena del ritrovamento, per stabilire posizione del corpo, modalità di accesso alla cella e orari di apertura del supermercato; la visione delle registrazioni video interne ed esterne al discount, per ricostruire i movimenti nelle ore del decesso. Forse non è stato un suicidio. Forse nemmeno un delitto passionale. Forse è una storia più grande, in una provincia dove tutto sembra fermo, e dove anche la verità rischia di restare chiusa, come Andrea, in un frigorifero che non si apre più.


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