Schiarita tra Hamas e Fatah. Le fazioni continuano a dialogare per armonizzare visioni e posizioni
Le bombe di Israele hanno sfigurato Gaza. L’enclave palestinese è sepolta sotto oltre 61 milioni di tonnellate di macerie. Secondo il programma satellitare Unosat dell’Onu, all’8 luglio 2025, l’esercito israeliano aveva danneggiato o distrutto circa 193mila edifici, pari a circa il 78% delle strutture esistenti prima dell’inizio della guerra, scoppiata il 7 ottobre 2023. L’analisi delle immagini satellitari del 23 settembre 2025 su Gaza City mostra una percentuale di devastazione arrivata fino all’83%. I dati forniscono l’esatta misura della complessità dell’opera di ricostruzione prevista dagli Stati Uniti e dai loro partner. Si comprende inoltre perché il recupero delle salme degli ostaggi israeliani sia così lento e laborioso.
Tonnellate di rifiuti schiacciano la speranza e minano la salute
Il volume complessivo dei frantumi è stimato in 61,5 milioni di tonnellate, un peso equivalente a 170 volte quello dell’Empire State Building di New York, vale a dire 169 chilogrammi per ogni metro quadrato del territorio di Gaza. In un’analisi preliminare pubblicata ad agosto, l’Unep ha evidenziato il grave rischio sanitario per la popolazione. Almeno 4,9 milioni di tonnellate potrebbero essere contaminate da amianto, in particolare nei campi profughi di Jabaliya, Nuseirat, al-Maghazi, Rafah e Khan Yunis. Altri 2,9 milioni di tonnellate conterrebbero rifiuti industriali pericolosi.
Rubio blinda il piano per Gaza
Durante la sua visita alla base dell’esercito americano a Kiryat Gat, il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha detto che “non esiste un piano B” per la Striscia di Gaza, perché quello elaborato dal presidente americano Donald Trump “è il piano migliore”. Washington, ha spiegato, sta “costruendo una forza di stabilizzazione che includa tutti i paesi che offrono forze e risorse. Stiamo elaborando il mandato appropriato, sia attraverso le Nazioni Unite che tramite un’altra entità”. Vanno quindi “create le condizioni per l’ingresso della forza di stabilizzazione, così da poter procedere con la ricostruzione”.
Non saranno tollerati sgambetti sulla Cisgiordania
Confermata la netta opposizione ai propositi dell’ala più oltranzista dell’esecutivo guidato dal premier Benjamin Netanyahu. L’annessione della Cisgiordania allo Stato ebraico “minaccerebbe l’intero processo a Gaza perché molti Paesi coinvolti non vorranno più esserlo”. Il capo della diplomazia americana ha definito il voto alla Knesset una trovata politica per mettere in imbarazzo il primo ministro israeliano Netanyahu nell’incontro con il vicepresidente statunitense JD Vance.
Usa e Israele sono perfettamente allineati contro l’Unrwa. “Non potrà svolgere alcun ruolo nella Striscia di Gaza”, ha sostenuto Marco Rubio, bollando l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi come una “sussidiaria di Hamas”. L’Autorità Nazionale Palestinese, per poter aspirare ad avere un margine di manovra, dovrà riformarsi profondamente.
L’appello a Trump della moglie di Marwan Barghouti
Fadwa Barghouti, moglie di Marwan Barghouti, ha rivolto un appello tramite il Time al presidente americano Donald Trump, chiedendogli di sostenere la liberazione del marito, detenuto da 23 anni in un carcere israeliano. Alla testata il presidente americano aveva rivelato che stava decidendo se appoggiare o meno la scarcerazione del leader palestinese, storico esponente di al-Fatah.
“Signor Presidente, la attende un vero partner, qualcuno che può aiutarla a realizzare il sogno che condividiamo di una pace giusta e duratura nella regione”, ha scritto Fadwa Barghouti, assicurando che il marito sarebbe pronto a collaborare con il capo della Casa Bianca per un Medio Oriente pacificato.
Il confronto tra Hamas e Fatah
A seguito delle riunioni al Cairo, le forze e fazioni palestinesi, capeggiate da Hamas e Fatah, hanno concordato di “continuare a lavorare congiuntamente per armonizzare visioni e posizioni, al fine di affrontare le sfide che minacciano la causa palestinese”. I gruppi hanno riferito in un comunicato di aver deciso “la convocazione di un incontro urgente per stabilire una strategia nazionale e rilanciare l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese, in modo che rappresenti tutte le componenti del nostro popolo e le sue forze vive”.
Ribadita la necessità di sostenere e proseguire l’attuazione delle misure previste dall’accordo di cessate il fuoco, compreso il ritiro delle “forze di occupazione dalla Striscia di Gaza”, la revoca completa dell’assedio imposto, l’apertura di tutti i valichi e l’avvio di un processo di ricostruzione globale. Netto il rifiuto di ogni forma di annessione e sfollamento a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme.