Continua la sfida Fi-Lega. Salvini: "Paghino il Piano casa", Tajani: "Accordo già chiuso"
Ok il prezzo è giusto: Giorgia Meloni stoppa le polemiche sul contributo delle banche o, almeno, ci prova. La premier chiude la partita a cinque miliardi. “Siamo soddisfatti noi e lo sono loro”, ha affermato alla presentazione del nuovo libro di Bruno Vespa. Ma, intorno a lei, la polemica si fa effervescente. Perché la Lega continua ad alzare il tiro e Forza Italia prosegue nel fare muro. Il nuovo fronte, sulle banche (e non solo), è quello del Piano casa. Proprio Meloni, dopo aver messo la parola fine al caso contributo banche, in un messaggio inviato al Green Building Forum, ha spiegato di voler mettere su un “grande piano per mettere a disposizione delle giovani coppie alloggi a prezzi calmierati”. Un tema che la premier ha rivendicato di aver portato in Europa: “Abbiamo accolto con favore che, nella revisione di medio termine della politica di coesione proposta dal vicepresidente della Commissione europea Fitto, la casa sia una delle cinque nuove priorità finanziabili. È una scelta che riteniamo molto importante, perché garantire ai cittadini e alle famiglie la possibilità di acquistare una casa è un obiettivo fondamentale di questo governo”. Il valore dell’operazione? Intorno ai 670 milioni di euro (fino al 2027). Per ora. Ed è proprio qui che è ripartita la polemica interna che ha coinvolto (di nuovo) le banche. A dare il via alle danze, Matteo Salvini che ha ribadito ciò che va dicendo da giorni: “Le banche hanno fatto 112 miliardi di utili. Penso e chiederò che sul Piano Casa, che resta scoperto per il 2026, una parte dei fondi arrivi da un sistema che sta facendo margini notevolissimi e può contribuire”. Messaggio forte e chiaro. Che, prima degli altri, ha raggiunto Forza Italia: “L’accordo è chiuso, non si cambia perché c’è un accordo generale di tutti”, ha detto l’altro vicepremier, Antonio Tajani: les jeux sont faites, rien va plus. Il segretario azzurro ha annunciato un emendamento sull’ultima questione che resta aperta sul fronte banche, ossia l’articolo 18 della manovra che prevede la tassazione dei dividendi, “un’ulteriore tassa a una tassa che già c’è”, ha affermato il capogruppo alla Camera Paolo Barelli. Da Fi, inoltre, arriveranno altri due emendamenti: uno sul comparto difesa-sicurezza e l’altro sugli affitti brevi. Una questione che Giorgetti sperava di aver chiuso nel weekend quando aveva affermato che il vero problema, e dunque l’autentico destinatario della stangata sulla cedolare secca, è Airbnb. Il ministro all’Economia, però, adesso ha (anche) altro a cui pensare. Ci sarà a breve un confronto con Confindustria e il presidente Emanuele Orsini ha già messo tre punti all’ordine del giorno dell’incontro. Si tratta dell’uso del credito di imposta fiscale “utilizzando il contributivo”, poi c’è la questione (di nuovo) delle tasse sui dividendi e, infine, la vicenda legata al fondo centrale di garanzia. Gli altri ministri non restano di certo inoperosi. Adolfo Urso, Mimit, ha annunciato che questa settimana incontrerà ben sei commissari Ue per lanciare “un’offensiva” italiana contro il Green Deal. Lo stesso che, ha detto Pichetto (Mase) sta facendo marciare il comparto chimica “col freno a mano tirato”. I ministri Piantedosi e Tajani, nei prossimi giorni, saranno in Africa. Giorgia Meloni, che ieri ha ricordato il 63esimo anniversario dalla morte di Enrico Mattei, ha rilanciato forte sul Piano che porta il nome del fondatore dell’Eni: “Un progetto ambizioso in cui abbiamo investito fin dal nostro insediamento, con l’obiettivo di costruire partenariati su base paritaria con le altre Nazioni, a partire dal Continente africano”. E per rafforzarlo, ha spedito Piantedosi e Tajani tra Mauritania, Senegal e Niger. Nella speranza che il Piano Mattei si allarghi e che le polemiche sulla manovra, invece, si restringano.