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Attualità

Arrestare la violenza pro-Pal

di Giuseppe Tiani -


Aggredire il mio amico Fiano a Ca’ Foscari durante un dibattito sulla pace è come bruciare la Treccani per combattere l’ignoranza. Un gesto che fotografa il baratro morale in cui stiamo scivolando. Emanuele conosce la differenza tra forza e violenza. I suoi aggressori no, scambiano la brutalità per impegno politico, l’odio per coerenza, la viltà per coraggio.

In un’università che dovrebbe essere palestra di pensiero, è tornata la clava ideologica, lo strumento dei deboli di mente travestiti da forti, quando travisati esercitano la violenza contro i poliziotti. Un agire, sostenuto dalla complicità morale della non violenza, pacifista e ipocrita, dei salottini radical chic. I sedicenti “giovani comunisti” pro-Pal sono la caricatura di ciò che fu il comunismo italiano, l’ombra di un’epoca in cui gli operai leggevano Gramsci e non i post su Instagram.

Dell’etica di Berlinguer resta solo l’eco, sepolta sotto l’isteria digitale di chi invoca la pace sputando odio. Uno di loro ha persino mimato una pistola contro Fiano. Un gesto ridicolo ma rivelatore, dietro la maschera dell’umanitarismo si nasconde l’antico veleno dell’antisemitismo, oggi riverniciato. Cambia l’etichetta, non la sostanza. Pochi giorni prima avevano colpito Feltri, per idee opposte. Due bersagli diversi, feriti dalla stessa malattia, l’intolleranza come linguaggio unico, la violenza come grammatica dell’odio. In questo Paese basta esistere per essere offesi, pensare per essere aggrediti.

La misura è colma: la civiltà è diventata un lusso e il coraggio un vizio. Quando l’università diventa arena e la parola cede alla violenza della minaccia, non si esercita la libertà la si cancella. E chi difende la memoria e lo Stato, come Fiano, diventa colpevole per coerenza. La violenza non ha bandiere, solo il colore del disonore e la temperatura dell’odio.


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