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Politica

Concluso l’iter parlamentare della riforma della giustizia

Adesso la parola definitiva passa ai cittadini che dovranno esprimersi con il referendum

di Giuseppe Ariola -


Dal lungo applauso nell’emiciclo di Palazzo Madama al flash mob con tanto di gigantografia del volto di Silvio Berlusconi organizzato da Forza Italia nell’adiacente piazza Navona: così il centrodestra ha salutato il via libera definitivo alla riforma della Giustizia. In un clima estremamente conflittuale, sia dal punto di vista politico per la forte contrapposizione tra maggioranza e opposizione, che da quello istituzionale per lo scontro tra governo e toghe, la separazione delle carriere dei magistrati ha dunque concluso il proprio iter parlamentare.

Gli obiettivi della riforma

L’obiettivo è affermare nei fatti e non solo a parole la terzietà dei giudici e, di conseguenza, l’effettiva parità tra accusa e difesa già prevista dalla Costituzione. In un’aula di tribunale devono sedersi tre parti tra loro ben distinte e separate, in modo sia formale che sostanziale. Eppure c’è chi non la pensa così e parla decisamente a sproposito. Come Giuseppe Conte, un tempo avvocato, che accusa il governo di “volere i pieni poteri”. Cosa c’entri con la riforma della giustizia appena approvata non è dato saperlo. Sembra più uno slogan ad effetto utile alla prossima campagna referendaria che un serio e pertinente commento politico critico al provvedimento.

Verso il referendum

Uscite come questa, sebbene consapevolmente populista, fanno però venire il dubbio che si sottovalutino i cittadini. Perché una cosa è certa: in vista della consultazione popolare che avrà l’ultima parola sulla riforma della Giustizia, sarà importante che tanto i suoi sostenitori quanto i suoi detrattori spieghino per bene le proprie ragioni. Ma è altrettanto vero che non si può pensare di fregare gli elettori con frasi spot pronunciate a caso. Un errore che anche la maggioranza deve evitare, tenendosi distante da attacchi – o contrattacchi – alla magistratura, come saggiamente suggerisce Carlo Calenda.

Spiegare la riforma, non politicizzarla

Questa partita non va politicizzata, bisogna semplicemente spiegare la reale posta in gioco, senza esagerare. Bisogna far capire che la separazione delle carriere e il ridimensionamento del potere delle correnti della magistratura all’interno del Csm sono un passo avanti importante per la macchina della giustizia, ma che tanto ancora c’è da fare. Sui tempi vergognosi dei processi, sulla responsabilità civile dei magistrati, su certe prassi poco ortodosse che vigono in alcune procure a scapito di chi non è neanche ancora imputato ma solo indagato. E tutto questo resterà lettera morta, insieme a quanto previsto dalla legge costituzionale approvata ieri, se il referendum dovesse affossare la riforma.


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