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Cultura & Spettacolo

IN LIBRERIA – Il superfluo della vita

di Eleonora Ciaffoloni -


Nel cuore più dimesso del Romanticismo tedesco nasce Il superfluo della vita. Carbonio ripropone la novella di Ludwig Tieck in una nuova edizione, restituita con fine sensibilità dalla traduzione di Paola Capriolo. Un racconto in cui la magia non è più nei castelli o nei boschi, ma nel quotidiano di due giovani sposi.

Il Romanticismo rovesciato

Siamo nel 1839, nella piena maturità dell’autore. Tieck visionario di Il biondo Eckbert o del Gatto con gli stivali ha già attraversato l’abisso delle fiabe romantiche e dopo aver visto “l’infinito”, sceglie l’infinitamente piccolo: una stanza, due sposi poveri, una stufa che fatica a scaldare. Heinrich e Clara, sposati in segreto e fuggiti dall’autorità paterna, vivono in un interno angusto dove la povertà non è solo condizione materiale, ma scelta esistenziale. “La povertà è dunque divenuta una sola cosa con il nostro amore”, dice Clara, e l’opera intera si equilibra in questo filo sottile tra tra privazione e felicità.

Si tratta di una sorta di paradiso domestico dove si mangia il pane e si brinda con “i bicchieri dell’acqua”. Tieck, in qualche modo, rovescia la prospettiva. Ciò che la società considera essenziale è scarto; ciò che la società definisce superfluo – i sogni, il sentimento, l’immaginare – diventa la vera sostanza della vita. Il romanzo è costruito per sottrazione: non grandi eventi, ma gesti minuscoli che diventano miniature filosofiche. Un diario letto “a ritroso, cominciando dalla fine”, un battibecco che scivola nell’assurdo, un mondo che si riflette nelle crepe di un appartamento.

Tutto è doppio e specchiato, come se la realtà fosse una fiaba che si è stancata di credere nelle sua stessa natura, ma continua a recitare per educata nostalgia. Il fantastico viene sgonfiato: è un romanticismo capovolto. Per questo motivo, molti critici inseriscono Il superfluo della vita nella “terza maniera” di Tieck. Lontano dalle intemperanze della giovinezza e vicino al Biedermeier, con il suo gusto per l’interno domestico, la moderazione, il moralismo.

Cosa rimane del Il superfluo della vita?

Non tutti lo hanno amato: ma in quella compostezza c’è del sottile, il sarcasmo di un uomo che osserva sé stesso da vecchio, che guarda la propria giovinezza come una malattia infantile da cui forse non guarirà mai. La nuova edizione, con la traduzione di Paola Capriolo conserva lo stile tagliente e l’ironia. Una lingua elegante, ma non leziosa; fedele, ma non rigida; capace di tenere lo stile poetico dietro la normalità del quotidiano. Il superfluo della vita è un libro piccolo solo in apparenza: dentro c’è la storia di un grande poeta che, invece di spegnersi nella malinconia, ha imparato a riderne.


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