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Politica

Sicilia, la giunta Schifani revoca assessori della Democrazia Cristiana

di Andrea Scarso -


Scossone alla Regione Sicilia: Schifani caccia gli assessori della Dc

La giunta regionale siciliana cambia volto in un clima di rottura politica e sospetto giudiziario. Il presidente Renato Schifani ha firmato i decreti che revocano gli incarichi a Nuccia Albano e Andrea Messina, entrambi assessori in quota Democrazia Cristiana. Con la loro uscita, il partito legato a Totò Cuffaro viene estromesso dall’esecutivo regionale.

La mossa arriva in seguito all’emergere di un’inchiesta che coinvolge lo stesso Cuffaro e il capogruppo della Dc all’Ars, Carmelo Pace, con ipotesi investigative dai contorni gravi, al punto da evocare il rischio di arresti. Un terremoto giudiziario che ha accelerato una crisi politica già visibile, ma che Schifani sembra aver affrontato solo quando gli eventi non lasciavano alternative.

Al momento il governatore assumerà ad interim le deleghe al Lavoro e alla Funzione Pubblica, portando la gestione dei due assessorati direttamente sotto la sua responsabilità, almeno fino all’approvazione della Finanziaria. Una soluzione tampone che evita, per ora, nuove nomine e redistribuzioni di potere, ma che non chiarisce il futuro degli equilibri interni alla coalizione.

Il tentativo fallito delle dimissioni “spontanee”

Secondo indiscrezioni, Schifani avrebbe inizialmente tentato di ottenere dimissioni spontanee dai due assessori, senza riuscirci. Pertanto, la revoca degli incarichi sancisce il fallimento della trattativa e la vittoria della linea più rigida, sostenuta da Fratelli d’Italia, che da tempo spingeva per un distacco netto dai cuffariani.

La maggioranza di centrodestra, sulla carta, non crolla. Contando i deputati della Dc si arriva a 44 seggi contro i 23 dell’opposizione, ma anche senza i sette democristiani la coalizione resterebbe a 37, a cui si sommerebbero i 3 di Cateno De Luca. Ma i numeri, in questo caso, raccontano solo una parte della storia: la tenuta aritmetica non cancella l’esposizione politica di un governo che ora appare più isolato, più dipendente da equilibri mobili, e soprattutto più vulnerabile alle scosse di una maggioranza diventata improvvisamente più stretta, diffidente e potenzialmente instabile.


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