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Attualità

Il caso Garante-Report divide media e politica: tra gogna e libertà di stampa

di Eleonora Ciaffoloni -


Altro giro – nuova inchiesta di Report – altra corsa – all’attacco del Garante della privacy (e del Governo). Un nuovo fronte, nella già tesa dialettica tra politica e informazione, si è aperto dopo il caso della multa da 150 mila euro inflitta a Report, programma che porta la firma di Sigfrido Ranucci.

Caso Garante-Report: la polemica politica

Il nodo riguarda il Garante per la Privacy che ha sanzionato, appunto, il programma per la messa in onda dell’audio tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini. Un atto che segna l’inizio dell’ennesima tentata crisi istituzionale. Perché mentre le opposizioni chiedono l’azzeramento dell’intero collegio del Garante, la premier Giorgia Meloni risponde con fermezza, rivendicando la totale estraneità del governo e ribaltando la responsabilità su chi, quel collegio, lo ha nominato.

A rilanciare la polemica la segretaria dem Elly Schlein, che bolla il caso come un punto di non ritorno: “Sta emergendo un quadro grave e desolante sulle modalità di gestione dell’Autorità garante per la privacy, caratterizzato da conflitti d’interesse e forte permeabilità alla politica”. Da qui la richiesta di un “azzeramento e una ripartenza” per ricostruire la fiducia dei cittadini. La leader dem, incalzata anche da Avs, individua nella gestione opaca del Garante il sintomo di una crisi più ampia: quella della trasparenza e dell’autonomia delle Authority.

Non si è fatta attendere la replica della premier Giorgia Meloni che rimanda al mittente qualche responsabilità. “Questo Garante è stato eletto durante il governo giallo-rosso, con un presidente in quota Pd. Dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo. Se non si fidano delle persone che loro stessi hanno nominato, forse potevano scegliere meglio” ha detto la premier. La Meloni, pur ribadendo che il governo non ha competenza sull’azzeramento di un’autorità eletta dal Parlamento, difende implicitamente il principio di autonomia istituzionale, ma al tempo stesso sposta il fuoco della polemica sulle opposizioni.

I suoi due centesimi (detta all’americana) li lancia, con un certo retrogusto, anche il conduttore interessato. “Le dimissioni del Garante sarebbero una sconfitta, non una vittoria” ha detto. “Questo sistema di gestione delle Authority fa comodo alla politica da anni. È un’anomalia che limita la libertà di stampa e il diritto dei cittadini a essere informati”. E Ranucci ci lancia un assist che non possiamo non prendere al volo.

Il dibattito sulla libertà di stampa

È giusto ribadirlo con chiarezza ancora una volta: la libertà di stampa è sacra. Non è un privilegio dei giornalisti, ma un diritto dei cittadini a conoscere ciò spesso viene tenuto nell’ombra. Perché in un Paese dove l’informazione viene limitata, la democrazia si ammala. Ma c’è un punto altrettanto fondamentale, che troppo spesso viene rimosso quando le polemiche prendono il sopravvento. La libertà di informare non può trasformarsi in libertà di colpire. Il diritto di cronaca esiste se è fondato su fatti, verifiche, responsabilità.

Quando un’inchiesta diventa arma fine a sé stessa, quando la narrazione sostituisce la prova e il clamore prevale sulla sostanza, allora si smette di fare servizio pubblico. La conversazione tra l’allora ministro Sangiuliano e sua moglie, in un momento notoriamente delicato non era di interesse pubblico. Il caso era esploso. Certo, l’ex ministro aveva già fatto sentire quell’audio alla Boccia, ma non si può mettere sullo stesso piano una diffusione a una persona (sbagliata, a posteriori) e quella a milioni di telespettatori.

La sanzione del Garante arriva per questo, ma l’attenzione si sposta di nuovo, su Ghiglia, membro dell’autorità, quello in quota Fratelli d’Italia, ripreso, seguito, cronometrato, intercettato. Il caso Report–Garante Privacy ha riacceso un tema che attraversa la storia repubblicana. L’equilibrio tra diritto di cronaca e tutela delle istituzioni.

La democrazia vive di contrappesi. Istituzioni indipendenti che vigilano, stampa che controlla chi governa, cittadinanza che valuta. Senza predominanze: non deve la politica mettere bavagli o intimidire l’informazione. Non deve il giornalismo usare le inchieste per costruire processi paralleli o impedire l’azione di governo. A tutela del buon giornalismo, annuncia l’onorevole Mollicone, in Aula “presenteremo una mozione di maggioranza” per garantire la qualità e l’imparzialità dell’informazione.


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