Il Dipartimento di Stato statunitense ha approvato una possibile vendita a Taiwan di ricambi per velivoli militari per un valore complessivo stimato in 330 milioni di dollari. A renderlo noto è stata la Defense Security Cooperation Agency, precisando che Taipei “aveva chiesto l’acquisto di componenti non standard, pezzi di ricambio” e altri accessori e servizi per F-16, C-130 e il caccia taiwanese Indigenous Defense Fighter. Il ministero degli Esteri taiwanese ha espresso grande apprezzamento per “il continuo impegno degli Stati Uniti a contribuire affinché Taiwan abbia capacità di autodifesa adeguate”. Pur in assenza di relazioni diplomatiche formali, gli Usa sono il principale fornitore di armamenti. L’apertura è una chiara sfida a distanza alla Cina, che considera l’isola una provincia ribelle da riunificare.
Nuove tensioni dopo la schiarita
L’incontro di fine ottobre a Busan in Corea del Sud tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping, definito “da 12” dal tycoon in termini di produttività, potrebbe aver rappresentato solo una breve parentesi momentanea circoscritta ai dazi e alle terre rare. L’agenda dell’amministrazione trumpiana sta assumendo una connotazione sempre più “neocon”, con una prevalenza dei dossier esteri rispetto alle questioni nazionali. La base Maga è in fibrillazione da tempo per questo deciso cambio di “postura”.
La linea rossa tra Cina e Stati Uniti
La reazione di Pechino non si è fatta attendere. “La questione di Taiwan è al centro degli interessi fondamentali della Cina e costituisce una linea rossa assoluta nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri del gigante asiatico, Lin Jian. Il Dragone, ha rimarcato, “adotterà tutte le misure necessarie per difendere fermamente la sua sovranità, la sua sicurezza nazionale e la sua integrità territoriale”. L’isola è importante anche per un altro motivo: produce oltre il 90% dei semiconduttori avanzati mondiali. Si tratta a tutti gli effetti di un’infrastruttura critica globale.
Scontro Pechino-Tokyo
Il cambio di rotta americano si inserisce in un momento non semplice per il gigante asiatico, alle prese con il peggioramento dello stato di salute delle sue relazioni con il Giappone. Il ministero della Difesa della Repubblica Popolare ha rivolto un monito a Tokyo, paventando una “sconfitta pesante” in caso di “intromissione” nella “questione di Taiwan”. “Se i giapponesi non dovessero trarre lezioni dalla storia e dovessero osare e correre un rischio, o persino utilizzare la forza per interferire nella questione di Taiwan, andrebbero solo incontro a una sconfitta pesante”, ha avvertito il portavoce Jiang Bin, aggiungendo che il Paese del Sol Levante pagherebbe “un prezzo alto”.
Le frasi incendiarie di Sanae Takaichi
“Le dichiarazioni sbagliate su Taiwan della leader giapponese – ha spiegato Jiang riferendosi alla premier giapponese conservatrice Sanae Takaichi – costituiscono una grave interferenza negli affari interni della Cina e una violazione grave del principio di un’unica Cina”. Le parole di Takaichi, ha insistito il portavoce, sono “estremamente irresponsabili e pericolose” e mandano un segnale sbagliato alle forze per “l’indipendenza di Taiwan”. Hanno avuto “un impatto negativo” e mettono a rischio le relazioni bilaterali tra i due Stati asiatici. Al Parlamento giapponese, il primo ministro ha definito un eventuale conflitto nello Stretto una “situazione che minaccerebbe la sopravvivenza del Giappone”.
Atti forti incrociati tra le parti
Dal ministero degli Esteri, passate 24 ore dalla convocazione dell’ambasciatore giapponese a Pechino, hanno ribadito che la Cina “non scenderà mai a compromessi”, ripetendo che “qualsiasi forza osi ostacolare la riunificazione della Cina è destinata al fallimento”. La premier giapponese ha rifiutato di cambiare corso e ritirare le esternazioni della discordia. Nel dibattito politico giapponese è calda da tempo la discussione sulla revisione dell’articolo 9 della Costituzione, il simbolo del pacifismo postbellico.
Il Giappone convoca l’ambasciatore della Cina
Lo scambio di colpi tra le parti sta avvenendo anche attraverso azioni formali. In un comunicato, il ministero degli Esteri giapponese ha evidenziato che è stato convocato l’ambasciatore Wu Jianghao per una “ferma protesta contro le dichiarazioni estremamente inappropriate” del console cinese a Osaka, Xue Jian. Il riferimento è al suo post, prontamente rimosso, in cui il diplomatico condivideva un articolo sulle considerazioni della premier giapponese Sanae Takaichi su Taiwan, con tanto di minacce. Il giorno prima Pechino ha convocato l’ambasciatore giapponese per l’uscita della premier.