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Attualità

FORUM ITALIANO DELL’EXPORT, “Export e pace: la visione per il futuro dell’Italia nel mondo”

di Laura Tecce -


Origini del progetto e nascita del Forum

“Otto anni fa, nel corso di un viaggio in treno da Bologna a Milano con un gruppo di imprenditori, ci stavamo confrontando su tematiche legate all’export. Già all’epoca, nel dibattito pubblico se ne parlava molto, ma non quanto se ne parla adesso. E in quell’occasione, ragionando, abbiamo pensato di creare uno spazio di confronto dove imprese e istituzioni potessero dialogare e soprattutto che fosse uno spazio che nascesse dalle imprese per le imprese”. È nato così, dall’intuizione di un imprenditore visionario, il quarantenne Lorenzo Zurino – Ceo di TheOne Company, società leader in Italia nell’esportazione del Made in Italy – il Forum Italiano dell’Export, il primo think tank del nostro Paese dedicato al commercio estero.

Punto di riferimento per imprese istituzioni e stakeholder che oggi, nella prestigiosa sede di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma, si ritroveranno per la settima edizione degli Stati generali dell’Export. “Un luogo dove le imprese possono dialogare con le istituzioni, condividere best practice, discutere di geopolitica e far sì che venga messo al centro dell’agenda governativa il tema export”.

Il commercio come strumento di pace

In questa settima edizione degli Stati Generali dell’Export il fil rouge che lega i vari panel è un messaggio potente: “L’effetto naturale del commercio è quello di portare alla pace”. Un concetto oggi più che mai attuale …
“Abbiamo fatto nostre le parole del Conte di Montesquieu, che affermava che il fine del commercio fosse quello di creare le condizioni di pace. Ed è un concetto molto realistico: quando due Paesi hanno un interesse reciproco ad intessere una relazione commerciale è evidente che un contesto di pace sia molto più auspicabile rispetto ad uno di guerra e tensione.

Mai come in questo momento sarebbe importante mettere in campo la grande capacità italiana di cooperare: noi siamo i figli delle Repubbliche marinare, abbiamo una tradizione secolare in questo senso, i nostri mercanti partivano da Venezia, Genova, Pisa e Amalfi per raggiungere ogni parte del globo riuscendo a creare dialogo e condizioni di pace. Ecco perché il mondo ci guarda con attenzione: l’interesse italiano non è mai stato quello di innescare conflitti e allora, oggi più che mai, dobbiamo utilizzare questo nostro peculiare talento che quando esporta qualcosa riesce ad esportare anche principi di pace”.

Dialogo internazionale e nuove tensioni

Nella sua visione “ogni scambio commerciale è un atto di dialogo”, ma quanto è difficile oggi mantenere questo dialogo aperto tra tensioni internazionali, dazi, nuove barriere e instabilità politica?
“Le cito ancora Montesquieu, che quando parlava di scambi economici parlava anche di relazioni di fiducia e di interdipendenza virtuosa. Il commercio, in tal senso, può essere un ponte e non un muro, un linguaggio universale capace di unire ciò che la geografia divide. La realtà attuale purtroppo va nella direzione opposta, quella di focalizzarsi sulle contrapposizioni. Il ruolo che l’Italia oggi deve e può avere è quello di essere un Paese che costruisce ponti: ponti di qualità, di estetica, di tradizione e di innovazione”.

Le aspettative del Forum

Cosa si aspetta da questa giornata, quali risposte dal confronto che emergerà nei vari panel?
“In primo luogo, la capacità di rimettere al centro la rilevanza del commercio estero e la dicotomia che c’è tra appartenenza e competenze. È necessario mettere in risalto un dato fondamentale per la nostra economia: senza il commercio estero l’Italia sarebbe in default, è evidente che la verticale dell’export vada presidiata con assoluta competenza e con profonda professionalità.

Il nostro forum da anni chiede a gran voce che venga ricostituito il ministero per il Commercio estero: noi esportiamo più di un terzo del nostro pil e non è pensabile che non vi sia un dicastero che si occupi esclusivamente di questo. Infine auspico che attraverso il confronto di oggi fra esponenti politici e delle istituzioni da una parte e delle imprese dall’altro, possano emergere delle risposte a questioni urgenti che il nostro mondo aspetta e che queste possano essere portate all’attenzione del legislatore”.

La crescita di TheOne Company

La sua esperienza personale: TheOne Company. Qual è stato il passaggio chiave che ha trasformato una startup in un modello internazionale?
“Quando ho fondato TheOne, nel 2009, avevo vent’anni e da tre vivevo negli Stati Uniti: ho iniziato facendo il cameriere e avevo già ben chiaro quanto i prodotti del nostro Made in Italy potessero essere apprezzati. Negli Usa ogni Stato è un mercato differente, ero convinto allora e lo sono ancora oggi, che il potenziale sia enorme.

Nel mio caso – io esporto food e beverage – l’interesse è evidente: ho iniziato con il vino, un pallet di Greco di tufo, e oggi la mia struttura movimenta 2470 container all’anno in undici Stati Usa, in Messico, Israele e presto anche Australia e Belgio. Più che di passaggio chiave parlerei di attitude, di atteggiamento: la perseveranza e la constance – cioè la capacità di essere sempre sul pezzo – sono stati e sono tutt’ora fondamentali”.

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