Manovra: serve un miliardo, o giù di lì. Forse addirittura un po’ di più. Gli emendamenti continuano a cadere. Uno dopo l’altro. Erano 5.700, sono diventati 414 coi segnalati. Da ieri, ne sono 309. Cadono, le note a margine, le richieste. E a ogni emendamento che cede, si assottiglia il “conto” finale da presentare a Giorgetti. Una sorta, se volete, di Squid Games degli emendamenti. L’ultima sforbiciata, di emendamenti, ne ha fatti cadere 105. Se non è un record poco ci manca. Il vaglio di inammissibilità ha bloccato 18 proposte per questioni legate a competenza e materia. Ma le altre 87 sono crollate di fronte alle coperture. E senza coperture, parafrasando quel detto, non si cantano messe. Figuriamoci se passano gli emendamenti.
Un miliardo per far quadrare la manovra
Tra Mef e Palazzo Chigi si comincia a fare i conti. Serve un miliardo per far quadrare i conti con la manovra debitamente emendata. “Sono solo stime”, si è affrettato a dire il ministro ai Rapporti col Parlamento Luca Ciriani. Più che una frase di circostanza, un esorcismo. “Ci sono argomenti su cui si è deciso di procedere, altri su cui forse si procede e altri ancora su cui non si procede – ha riferito il ministro -: esiste una Ragioneria proprio per questo ed è il motivo per cui abbiamo delegato i tecnici dei vari ministeri a fare delle simulazioni”. Eccolo, il nodo. Gli argomenti. In tarda mattinata s’è tenuto l’attesissimo vertice di maggioranza proprio per fare il punto della situazione tra le anime del centrodestra. E capire su cosa puntare. Il primo round, a leggere una nota che in serata è stata licenziata da Palazzo Chigi, sembra essere andato a Forza Italia.
Le richieste (accolte) di Forza Italia
Nell’ormai consueto “clima di grande condivisione”, come recita il documento, “si è trovato un accordo sugli affitti brevi, sull’ampliamento dell’esenzione Isee sulla prima casa, sull’articolo 18 riferito ai dividendi, è stata chiarita la possibilità di compensazione anche per i contributi previdenziali delle imprese, e si è discusso delle misure a favore delle forze dell’ordine”. L’agenda degli azzurri, che invero erano stati parecchio maltrattati finora, sembra aver trovato ascolto. Fuori dalla nota, però, sono rimasti altre questioni. Di cui, pure, s’è parlato (e molto) per tutta la giornata di ieri. A cominciare dalla vicenda Irap. Si viaggerebbe, difatti, verso un nuovo inasprimento della tassa per le banche: 2,5 punti. Sarebbe allo studio un meccanismo per esentare i piccoli istituti di credito, magari territoriali. Toccherebbe, poi, al ministro Giancarlo Giorgetti spiegarlo alle banche.
Giorgetti is on fire
E chi meglio di lui? Se fosse il bomber del suo Southampton, gli direbbero che, mai come oggi, Giorgetti is on fire. Forte del rafforzamento del rating decretato anche da Moody’s, premiato dalla Commissione con la promozione del Dpb che potrebbe rappresentare l’uscita dalla procedura per debito (oggi sospesa) già a primavera. Le banche, che dal rafforzamento della credibilità del sistema finanziario ci guadagnano (eccome), non potranno negargli nulla. Serve un (altro) miliardo ma dall’inasprimento dell’Irap arriveranno però poco più di 200 milioni. I denari non bastano mai. Salvini è pronto a tornare alla carica con la rottamazione. Di cui al vertice non si sarebbe parlato. Anche perché, detto tra noi, il progetto così com’è in manovra sembra abbastanza scolastico e poco efficace. E poi ci sono le grandi questioni. Come l’oro. Gli emendamenti, sia quello legato alla tassa per la rivalutazione e sia quello relativo alle riserve di Bankitalia da riportare nella proprietà dello Stato, sono passati. La Bce, su quest’ultimo, ha affermato di non essere stata interpellata. E dunque non s’è espressa. Chiaro, però, che in Europa la proposta a firma Malan non farà troppo piacere. Un “contentino”, però, a Bruxelles è pure arrivato. Non è passata l’ipotesi di vendita delle quote Mes per abbassare le tasse. La Lega non molla e con il relatore Claudio Borghi si dice pronta a “correggere” e riformulare la proposta.
Bisogna fare presto
Adesso bisogna far presto. Proprio come dice Ciriani. Alla Camera è già stato incardinato il giorno per l’esame del Ddl Bilancio: se ne parla il 19 dicembre. Tra le proteste dell’opposizione. “Il primo anno abbiamo fatto una finanziaria complicata, eravamo appena arrivati e già allora si paventava l’esercizio provvisorio ma non capiterà certamente nemmeno quest’anno, poi le opposizioni dicono la loro”, ha chiosato il ministro. Ma non vuol dire prendersela comoda. Bisogna trovare i denari per fare tutto ciò che si può. Anche perché, fuori dalla bagarre degli emendamenti son rimasti temi decisivi: dagli enti locali agli italiani all’estero e alle zone colpite da calamità. Ieri sera si son riuniti a parlarne i sottosegretari del Mef Federico Freni e Sandra Savino e la ragioniera dello Stato Daria Perrotta. Alla ricerca del miliardo. Forse pure di più, sussurra il capogruppo Fdi al Senato Lucio Maran.