La chiusura dell’incidente probatorio sul caso Garlasco, nell’aula del Tribunale di Pavia, non ha prodotto una verità nuova. Ha però reso ancora più evidente la distanza che separa le certezze giudiziarie dalle incertezze delle indagini e soprattutto il cortocircuito che si è creato tra processi e narrazione pubblica.
È un passaggio cruciale non solo per Andrea Sempio, oggi indagato, ma anche per Alberto Stasi, unico condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi, tornato ieri a sorpresa in aula come una presenza sì silenziosa, ma per molti (tra cui i Poggi) ingombrante.
Incidente probatorio: la verità cristallizzata di Garlasco
Insomma, nulla di nuovo sul fronte indagini. Perché la perizia della genetista Denise Albani, cuore dell’incidente probatorio, ha ribadito un dato già noto. Sulle unghie di Chiara Poggi è presente materiale genetico maschile riconducibile alla linea paterna di Andrea Sempio, ma si tratta di aplotipi misti e parziali, privi di quella solidità scientifica che consenta di trarre conclusioni univoche. Perché se è vero che quel Dna potrebbe essere di Andrea Sempio o del padre è anche vero che non è possibile stabilire come e quando quel Dna sia stato depositato. È su questo crinale che si gioca oggi il destino processuale di Sempio.
Per la sua difesa, l’incidente probatorio ha confermato l’assenza di un punto fermo. Un dato genetico “comparabile” non equivale a una prova di colpevolezza, soprattutto quando manca la possibilità di collocarlo nel tempo e nel contesto dell’omicidio. Ma l’udienza di Pavia ha avuto un altro effetto. Per la prima volta, è stato formalmente escluso il Dna di Alberto Stasi dalle tracce rinvenute sulle unghie della vittima. Un passaggio che pesa e che potrebbe significare – anche se si parla di ipotesi- di una revisione del processo. Perché al momento Stasi resta colpevole, condannato in via definitiva, e nulla di quanto emerso oggi scalfisce quella sentenza.
Eppure, la sua presenza in aula dice molto su quello che sta accadendo con le nuove indagini e la sua “apparizione” è stata sorprendente – ma non per tutti. Tra questi il giudice che lo ha dichiarato parte interessata. A ribadirlo anche i suoi legali, per l’avvocato Antonio De Rensis: “La parte interessata si interessa. Ha partecipato con attenzione, ma lo ha sempre fatto, si è sempre fatto interrogare, ha dato spontaneamente il Dna quando gli è stato chiesto e oggi era qui. Alberto altro non fa che essere coerente, anche se in mezzo ci sono 10 anni in carcere”.
Assente invece, l’altra “parte interessata”: l’indagato Andrea Sempio. La sua legale, Angela Taccia, ha spiegato che la sua presenza sarebbe stata “inutile”, considerando il fatto che Sempio non sarebbe in ogni caso potuto intervenire. Taccia ha poi spostato l’attenzione al cuore dell’udienza, di cui si dice soddisfatta. Secondo la relazione della genetista Denise Albani il risultato “non è consolidato e non c’è alcuna certezza contro Sempio”.
Il suo assistito, insomma, può dormire sonni tranquilli. E a chi le chiedeva un commento sulla presenza di Stasi, la legale ha risposto glaciale: “Che sia stato presente è indifferente”. Non di certo la stessa reazione dei genitori di Chiara Poggi e del fratello – il cui legale ha chiesto di far uscire Stasi dall’aula, senza successo. E dell’avvocato della famiglia, Francesco Compagna, che ha parlato di “spettacolo mediatico” e di una “storia alternativa” che si starebbe cercando di costruire.
I legali della famiglia Poggi
Il suo intervento è forse il più “politico”. Compagna richiama il principio essenziale della giustizia. Finché si è nella fase delle indagini, tutto è possibile; quando si entra in un’aula di tribunale, si deve lasciare spazio alle prove. Prove che, a suo dire, ci sono contro Stasi – “Sono convinto della sua colpevolezza” ha ribadito – e non nei confronti di Andrea Sempio su cui, dice, con indizi incerti si rischia di fare un processo pubblico ancor prima di un rinvio a giudizio. Insomma, non si può mettere un innocente in carcere. Eppure, non esistono innocenti di serie A e innocenti di serie B. Difendere la posizione di Andrea Sempio non significa automaticamente indicare Alberto Stasi come colpevole “residuale”.
La giustizia, per definizione, non funziona per esclusione né per sostituzione. L’eventuale innocenza di uno non certifica la colpevolezza dell’altro, così come il dubbio su una nuova ipotesi investigativa non riscrive automaticamente una sentenza definitiva.
Ma proprio per questo, quando si rivendica — giustamente — il principio del dubbio e del rigore scientifico per Andrea Sempio, lo stesso principio non può essere sospeso quando si parla di Alberto Stasi su cui solo ad anni dalla condanna definitiva sono emerse nuove analisi scientifiche ed elementi che all’epoca del processo non erano disponibili tanto da parlare di una possibile revisione. Sarà la capacità del sistema di distinguere ciò che è dimostrabile da ciò che è solo raccontabile. Se si parlerà di un rinvio a giudizio o (e) della revisione del processo.