Politica

Diaspora Bonaccini

di Eleonora Ciaffoloni -

MARCO MELONI POLITICO


La strada del nuovo Partito Democratico è stata imboccata e, come volevasi dimostrare – nonostante le rimostranze di molti militanti – è una strada che porta all’ennesimo bivio. Un bivio che significa divisione e quindi nuove correnti che, dall’elezione della nuova segretaria, stanno cominciando a formarsi seguendo sia i vecchi mugugni ormai cronici del partito, che le nuove prese di posizione su una linea politica – quella di Elly Schlein – che piace a tanti ma non a tutti.

LA MANO DI LETTA

Il passaggio di testimone dalla vecchia segreteria Letta a quella nuova di Schlein ha rappresentato il cosiddetto cambio di passo che elettori e militanti dem si aspettavano per il Partito: una nuova strada, più moderna, più giovane e più vicina ai temi della sinistra. Se lo augurava, a quanto sembra, anche Enrico Letta che, pur nascondendosi dietro il suo allontanamento dalla politica “sul campo”, non nasconde la sua interferenza e l’interesse tra la maggioranza e le minoranze dentro la Nazareno. L’ex segretario sembrerebbe essere stato convito dall’effetto Schlein, ovvero da quella ventata di aria fresca – almeno percepita da un grande spicchio dell’opinione pubblica più che dagli addetti ai lavori – che la neo dirigente ha portato con la propria elezione: opposizione ferma al governo Meloni, una attenzione ai temi cardine della sinistra e, anche, quella virata meno moderata che allontana il Pd dalla convergenza al centro e che lo fa rialzare da una sorta di purgatorio in cui, senza infamia e senza lode, stava continuando a navigare. Una prospettiva che piace a Enrico Letta e che pensa possa servire a rilanciare i dem e a evitare loro un pericoloso declino. Lo dimostrerebbero anche i sondaggi – ma non le elezioni fisiche – che il Pd si stia rialzado: ed è così che dietro all’ennesima corrente, c’è la mano dell’ex premier.

I NEO ULIVISTI

Si tratta della corrente dei cosiddetti “Neo Ulivisti” che dalle file di Enrico Letta, passando per quelle di Stefano Bonaccini, sono finiti per approdare dentro la rete di Elly Schlein. Una denominazione dall’aria un po’ vintage, ma che sembrerebbe ben incarnare un valzer al Nazareno diretto da Letta. Sulla pista a girare ci sono i vari Marco Meloni, Anna Ascani, Enrico Borghi e degli parlamentari dem che abituati a seguire il tempo del segretario, ora non hanno intenzione di perdere il ritmo. E così gli autobattezzati “neo ulivisti” hanno deciso di prendere le distanze dal secondo arrivato Stefano Bonaccini – che avevano sostenuto fortemente in campagna elettorale – per avvicinarsi alla nuova leader con le buone intenzioni di non farle la guerra. Perché a Enrico Letta la via che ha preso il nuovo Pd piace e il rischio di nuove lotte interne lo spaventa come lo fa il governo di destra. Una corrente che si stacca dal lato minoritario del partito ma che non approda del tutto tra le grazie di Elly Schlein che ha ben presente la propria squadra di attacco e i propri punti cardine che, come è palese, non convincono la minoranza.

TRATTATIVA PERPLESSA

A storcere il naso di fronte alla piega che sta prendendo il nuovo Pd c’è sicuramente Stefano Bonaccini che ritrovatosi a essere stato nominato presidente del Partito e dopo aver promesso a Elly Schlein – sia in campagna elettorale sia a seguito dell’ufficializzazione delle cariche – piena collaborazione per il bene del Partito, si trova a dover gestire da un lato, la parola data, e dall’altro, la perplessità sul lavoro che la nuova segretaria sta portando avanti.
E così per cercare di non far emergere troppe difformità nei confronti dell’atteggiamento politico dei nuovi dem, il governatore dell’Emilia-Romagna sta facendo trattare per lui e i suoi sostenitori il fedelissimo Davide Baruffi. L’obiettivo, di non metterci proprio la faccia, è quello di cercare di mantenere quella ufficiosa unità, millantata prima e dopo le primarie.
E così mentre Baruffi tratta per cercare di formare una classe dirigente con qualche elemento minoritario, l’ala bonacciniana sta accettando le modalità di Elly Schlein con la speranza di riuscire a ricavare qualcosa di utile, nonostante le richieste di molti di alzare il livello della trattativa. Eppure, l’aria non sembra tirare a loro favore: come è successo per le nomine dei capogruppo di Camera e Senato, Schlein potrebbe non tener conto delle correnti e delle richieste decidere, come già fatto, di dare più spazio ai suoi e poche briciole a chi resta intorno. Del resto ora, al comando, c’è Elly Schlein: nuova segreteria significa nuova dirigenza. E anche se non riuscirà a mettere tutti d’accordo la segretaria è convinta: “non se ne andrà nessuno”.

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