Cultura & Spettacolo

FALSE SENZA ANIMA

di Nicola Santini -


Una stagione, 7 puntate che scorrono, anche troppe.
Ne bastava anche una sola. Pure i grandi alberghi promessi nella premessa, luoghi di accoglienza nella fuga di due disperate che scappano non si sa da chi, non sono un gran che.
In un’epoca in cui il confine tra serie TV e cinema è sempre più labile, “Anime false” emerge come un’opera che esalta gli elementi tipici di una serie di successo, solo che però si ferma lì, senza che la trama si sviluppi in alcun modo.
Ambientata in Turchia, la serie promette al pubblico con una trama avvincente, personaggi intriganti e colpi di scena ben congegnati. Vorrei capire quali.
Perché o sono io che non capisco niente, oppure mancano pezzi nel racconto dove ci si scanna anche a titolo gratuito, ci si insospettisce senza che ci siano motivazioni plausibili.
Ok, i set sono alberghi, ma qua c’è del basso portinariato pigro e incentrato unicamente sul far saltar fuori l’unica cosa che merita ma che non rappresenta nulla di nuovo: un’eccellente fotografia. Sprecata, per quel che mi riguarda su una storia che non c’è.
La serie, basata sul romanzo di Perihan Mağden, trae ispirazione dalle storie di chi ha incrociato il percorso delle protagoniste, che ogni tot decidono di ammazzare qualcuno con un puntello nella safena, fin che non finisce la grana.
La vicenda ruota attorno a Madre e sua figlia Bambi, le quali cercano di sfuggire a un misterioso nemico passando di albergo in albergo.
Il passato oscuro di Madre e la crescente frustrazione di Bambi che crescendo si sarebbe anche rotta di esser trattata e vestita da bambina, alimentano la tensione tra le due, rendendo il loro rapporto il fulcro della trama.
Man mano che la fuga diventa più disperata, la serie assume toni thriller, pur mantenendo il focus sul rapporto madre-figlia, che chiunque con un discorsetto avrebbe concluso in un paio di sequenze. Il guaio sono le sottotrame, indispensabili per sostenere la serie, ma con il guaio che regolarmente perdono potenza nel corso degli episodi, perdendo l’accento intrigante e la suspense. La trama si ripete, senza offrire vere sorprese. Diventa più interessante solo quando la disperazione delle protagoniste si fa più palpabile, ma il rapporto tra Madre e Bambi resta al centro. Un rapporto che si adatta e sfida il mondo, intrigante ma in definitiva, poco originale. Quindi ogni tot perde potenza e verve, lasciando le protagoniste isolate e in balia di un’atmosfera e suspense forzate.
Gli autori sembrano voler trascinare lo spettatore in una rete a maglie larghe, ma è facile uscirne senza rimpianti.
L’unico consiglio, se uno muore proprio dalla voglia di vederla, è di guardarla in lingua originale, poiché il doppiaggio italiano è approssimativo e rende ancor più insipida questa serie deludente.
Questo perché lo show corre veloce (fosse stato anche lento non avrei retto) senza una meta chiara, e il suo unico punto di forza che dovrebbe essere la scrittura, portando la firma di Perihan Mağden, è proprio lì che si inchioda.
D’altra parte non tutto è fatto per finire in tv, ma qui, con un impegno differente o meglio distribuito, difficile non sarebbe stato. “Stanno arrivando”, dice Madre (con la faccia di Melisa Sözen, bravissimna) a sua figlia Bambi (Eylül Tumbar, insulsa) all’inizio del primo episodio. Inizia così la loro fuga, ma da chi stanno scappando? Perché?
Anime False, a parer mio fallisce nel suo intento principale: tenere lo spettatore incollato con una trama affannata e prevedibile.
Senza il giusto supporto, passerebbe inosservata, proprio come le sue protagoniste. La pretesa di forzare la serialità con uno storytelling originale ricorda invece gli stilemi più banali e prevedibili delle produzioni seriali. E sette puntate sono decisamente troppe.
Il titolo originale, “Biz Kimden Kaçiyorduk Anne?” (Da chi stavamo scappando, mamma?), rivela una trama costruita su racconti di addetti agli alberghi e persone che incrociano le protagoniste, puntando tutto sull’azione e sulla velocità, con una colonna sonora che risulta eccessiva e banalmente semplicistica (però bella eh, tanto che ho shazzammato ogni brano)


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