Economia

Saipem scende ancora in Borsa, la strategia non convince

di Alessio Gallicola -


Continua a perdere quota il titolo di Saipem in Borsa. Oggi, all’apertura settimanale delle contrattazioni, fa registrare un -2,51% che non racconta nulla di buono ma soprattutto non lascia presagire l’inversione di rotta da più parti auspicata.

Non sembra aver sortito effetti l’annuncio della nuova struttura organizzativa che affiancherà l’ad Francesco Caio. Come ipotizzato nei giorni precedenti, infatti, i due principali azionisti, Eni e Cassa Depositi e Prestiti, hanno deciso di intervenire nella crisi Saipem facendo il proprio ingresso direttamente nella cabina di comando con due manager di rilievo come Alessandro Puliti e Paolo Calcagnini.

Il primo, direttore generale Natural Resources di Eni, sarà il nuovo direttore generale; il vice sarà Calcagnini, cbo di Cdp. I nuovi ingressi rientrano nella strategia immaginata per accompagnare l’azienda nel processo di ristrutturazione e rilancio. In particolare è stata costituita una “nuova direzione generale con ampie deleghe operative e gestionali”, che si attiverà in due direzioni, quella del debito e quella dello sviluppo, ugualmente importanti ai fini dell’uscita da un’impasse preoccupante.

Secondo gli analisti, l’ulteriore perdita odierna del titolo Saipem in Borsa deriva dalle perplessità sulla paventata ricapitalizzazione da parte degli azionisti. L’annuncio della riorganizzazione viene giudicato positivo in termini di risposta immediata all’sos lanciato la scorsa settimana dall’azienda ma, appunto, la ricapitalizzazione, che sarebbe superiore ad 1,5 miliardi, potrebbe portare con sé come diretta conseguenza una svalutazione dei titoli.

Intanto cresce l’attesa per il consiglio di amministrazione convocato per il 23 febbraio prossimo. Una data che viene giudicata fondamentale per il prosieguo stesso dell’attività dell’azienda, il cda dovrà infatti valutare lo stato dei conti all’indomani dell’allarme lanciato a seguito del crollo del titolo in Borsa all’apertura delle contrattazioni settimanali. Numeri che certificano un autentico disastro, con una perdita stimabile intorno ad un terzo del capitale, una brusca revisione del portafoglio ordini ed un sostanziale azzeramento del piano strategico al 2025, che dovrà essere completamente ridisegnato.


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