Eni e il doppio metro nelle cessioni: scoppia il caso di porto Marghera
Quando si scrive Eni si pensa subito a petrolio e benzina e ai 13 miliardi di utile netto adjusted nel 2022, aumentato di ben 9 miliardi sul 2021. Ma il colosso pubblico è proprietario anche di immobili di grande valore se gestiti con dismissioni oculate. Questo dovrebbe avvenire con la controllata Eni Rewind e i “super tecnici” pagati per vendere nel minor tempo e al maggior prezzo possibile immobili strategici, che se invece tenuti fermi rischiano di deteriorarsi e di tramutarsi in costi. Per far capire come lavorano questi “super tecnici” portiamo un esempio concreto. Eni è proprietaria di depositi costieri in Italia con annessi terreni, anzi di distese di terreni, impianti di stoccaggio da migliaia e migliaia di metri cubi, impianti, banchine e altro. Nel sito veneziano di porto Marghera ci sono alcuni serbatoi che sono stati messi in vendita con imprenditori interessati a rilevarli.
Succede che un’azienda nazionale presenta un’offerta per due serbatoi vecchi di decine d’anni valorizzandoli quasi al costo di costruzione. Un ottimo affare sulla carta per Eni, che decide però di impiegare parecchi mesi, se non anni, per rispondere al potenziale acquirente. E quando finalmente la trattativa sembra perfezionarsi interviene una consociata che manda a monte tutto. Quello che non si capisce è come la capofila che gestisce la vendita non abbia in tanti mesi verificato le condizioni (capestro?) che la consociata imponeva o tentava di imporre all’acquirente. Così la consociata a fronte di un valore a nuovo delle cisterne di 1,3 milioni, il valore proposto dall’imprenditore, richiede rifacimenti vari per un importo equivalente sulle infrastrutture di Eni, che resterebbero di sua proprietà e che potrebbe in parte usare per il suo business. È come se il nuovo inquilino di un palazzo dovesse sobbarcarsi un sacco di spese extra e ridipingere la facciata a vantaggio anche degli altri inquilini! Non solo, Eni chiede anche un servizio senza indicare bene di che tipo per lo stoccaggio del prodotto – circostanza questa assurda perché le cisterne hanno cambiato proprietà -, di 450.000 € all’anno.
È una specie di affitto su qualcosa che non è nemmeno di proprietà di chi lo sta richiedendo. Questo accade a Venezia, mentre dall’altra parte del Mediterraneo, nella bellissima Sardegna, ad Assemini, abbiamo una situazione opposta: un impianto super moderno della soda, membranizzato come l’Europa impone con investimenti milionari, che viene ceduto a un prezzo di favore, con annessi lauti contratti di fornitura di soda caustica a Eni, a fronte di opere da costruirsi su una banchina. Chi l’ha acquistato era il principale concorrente di Eni su questo prodotto. Il risultato è che dopo due anni l’acquirente, il gruppo pisano di Antonio Donato Todisco con la controllata Gestioni Industriali spa, beneficia di lauti guadagni come testimonia anche un articolo de “L’identità” del 2 marzo scorso, senza che a quella data delle opere sulla banchina del valore di circa 8 milioni di euro ci fosse l’ombra. Ma c’è di più. Nel 2022 Eni anziché andare sul mercato con la possibilità di acquistare soda caustica e di stoccarla nelle due cisterne di Marghera di cui sopra, acquista dal gruppo Todisco – al quale ha venduto a un prezzo di favore l’impianto cagliaritano – attorno alle 40 mila tonnellate di soda caustica.
Stando all’informazione di mercato, Eni le avrebbe pagate quasi il doppio di quanto avrebbe potuto comperarle a livello internazionale usando ad esempio per lo stoccaggio le cisterne di Marghera. Stiamo parlando di cifre astronomiche, quasi 40 milioni di euro. Quindi in nemmeno 20 mesi quello che era il concorrente storico di Eni grazie alla stessa società di Stato è diventato plurimilionario avendo acquistato a un prezzo di favore un impianto produttivo, non avendo ancora completato gli investimenti previsti dal contratto, e intascando circa 40 milioni di euro dalla vendita della soda caustica ad Eni. Un’attività che i super tecnici del gruppo Eni avrebbero potuto gestire in casa, risparmiando decine di milioni di euro se avessero acquistato il prodotto in autonomia. Invece, a porto Marghera se un altro imprenditore, anch’egli si statura nazionale, ma concorrente di Antonio Donato Todisco, il quale è sotto processo a Brescia per disastro ambientale, desidera investire su questo stesso prodotto trova Eni pronta ad alzare una sorta di barricata con clausole contrattuali che impediscono di fatto l’acquisto, come se nessuno potesse diventare concorrente del fortunato e certamente bravo operatore che ha acquistato l’impianto di Cagliari a un prezzo di favore e che nel 2022 di fatto è stato il fornitore unico di Eni per la soda caustica. Ma non è finita, perché anche a Bussi sul Tirino, a Pescara, le cronache dell’industria chimica di base hanno scritto pagine di rilievo con sempre al centro Antonio Donato Todisco.
(1^puntata)
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