La Bce tassa solo i poveri e delira sugli extraprofitti
CHRISTINE LAGARDE BCE
Nessuno tocchi gli extraprofitti: la stessa Bce che, ormai da mesi, si sgola chiedendo ai governi di togliere le misure di sostegno alle famiglie si indigna perché l’Italia osa mettere le mani nelle capienti tasche delle banche. La tassa sugli extraprofitti, gli stessi che si potevano prendere senza colpo ferire dalle società energetiche, non deve interessare le banche. Paghino i poveri. La Bce ha inviato una lettera a Palazzo Chigi in cui chiede al governo Meloni di fare un passo indietro. Perché, stando a quanto si legge nella missiva sottoscritta da Christine Lagarde & friends, “l’imposta straordinaria può rendere più costoso per le banche attrarre nuovo capitale azionario e finanziamento all’ingrosso, in quanto gli investitori nazionali ed esteri potrebbero avere meno interesse a investire in enti creditizi italiani che hanno prospettive più incerte”. E ancora: “L’introduzione di una imposta retroattiva ad hoc aumenta indebitamente l’incertezza sul quadro fiscale, danneggiando la fiducia degli investitori e influenzando potenzialmente anche il costo del finanziamento per le società non finanziarie. Inoltre, la sua natura retroattiva può alimentare la percezione di un quadro fiscale incerto e dar luogo a un ampio contenzioso, creando problemi di incertezza giuridica”. Insomma, alle famiglie si possono aumentare i tassi e le rate del mutuo senza ritoccare gli interessi (attualmente ancora a zero) sui conti corrente mentre, per quanto riguarda le banche, è meglio lasciare tutto come sta. Anche perché ne va della solidità del settore creditizio. Lo stesso che, ai tempi delle fibrillazioni di Credit Suisse prima e Deutsche Bank poi, veniva vantato come esempio continentale di solidità inscalfibile: “La Bce raccomanda, al fine di valutare se la sua applicazione pone dei rischi per la stabilità finanziaria, e in particolare se ha il potenziale di compromettere la capacità di tenuta del settore bancario e di causare distorsioni del mercato, il decreto-legge sia accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario”. Ma non basta: “Tale analisi dovrebbe illustrare in dettaglio in particolare, l’impatto specifico dell’imposta straordinaria sulla redditività a più lungo termine e sulla base patrimoniale, sull’accesso ai finanziamenti e sulla concessione di nuovi prestiti e sulle condizioni di concorrenza sul mercato, e il suo potenziale impatto sulla liquidità”. Non ditegli, per carità, che i prestiti alle imprese, solo a luglio e di certo non per colpa della tassa sugli extraprofitti, sono calati del 4%. Dopo aver tirato in ballo le “piccole” banche che rischiano di venire travolte dall’imposta straordinaria, la Bce sottolinea che l’intervento sugli extraprofitti è “senza ratio” e che “la documentazione tecnica inviata al Senato della Repubblica italiana in relazione al decreto-legge contiene una sintesi delle principali disposizioni legislative, ma non contiene alcuna spiegazione dalla ratio alla base del decreto-legge”. Questa tassa sugli extraprofitti delle banche non s’ha da fare. Né ora, né mai. I soldi, semmai, li sborsino le famiglie.
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