Politica

PRIMA PAGINA – A noi due Meloni-Schlein, parte la sfida per le Europee

di Domenico Pecile -


Due tempi per una partita ad altissima tensione politica. Due squadre e due capitani che nel primo tempo si sfidano a distanza, mentre nel secondo dovrebbero confrontarsi direttamente. Oggi si saprà l’esito della prima parte di questo match con lo spoglio elettorale del voto in Sardegna. Appuntamento propedeutico al rush finale: quello che si giocherà a Bruxelles. Il rendez-vous delle europee è stato messo momentaneamente in soffitta. Tutti i riflettori sono infatti puntati su questo primo duello in rosa che si è combattuto in Sardegna. Il risultato (non è previsto il ballottaggio) – stando agli osservatori – pare adesso non avere quell’esito così scontato che fino a poche settimane fa pendeva più a favore del centro destra.
Le incognite che pesano sul voto sono molte. Si pensi al braccio di ferro tra Meloni e Salvini sulla candidatura di Paolo Truzzu o al centro sinistra che ha sì trovato il campo largo, ma che vede Azione, Italia viva e Rifondazione preferire Soru. È lui infatti il terzo incomodo. Per Schlein è stata un’esca pericolosissima perché voleva lo stesso elettorato. Il senatore sardo (M5S) Ettore Licheri si era spinto oltre e parlando dell’esistenza di un patto elettorale tra Soru e Truzzu. Tuttavia, quest’ultimo e il centrodestra sapevano che dentro il Partito sardo d’azione, che sostenne Solinas alle ultime regionali, serpeggiava più di qualche male di pancia. Ma c’è di più. Se Truzzu non dovesse vincere, la Lega potrebbe addossare la colpa a Meloni che lo ha imposto. Insomma, per il centro destra – che sul tema del terzo mandato si è dato battaglia con Salvini il quale ritiene lo stop a Zaia null’altro che un desiderio di Meloni di mettere le mani sul Veneto – è sicuramente un test che ha valenza interna.
Per Schlein il braccio di ferro si gioca soprattutto sulla scommessa del campo largo di cui lei stessa è la principale sponsor (una vittoria del centro sinistra costringerebbe a più miti consigli Conte che non alcuna intenzione di andare a rimorchio dei dem). Ma Schlein deve anche fare i conti con il malumore di “Energia popolare” la corrente di Bonaccini che imputa alla segreteria dem di avere negato il terzo mandato. Insomma, il Pd ribolle. Per entrambe le leader il percorso sardo è lastricato di trabocchetti. Dal voto dipenderà dunque il rafforzamento o meno della loro leadership dentro le due coalizioni.
In ogni caso, Bruxelles è ormai dietro l’angolo. Meloni e Schlein hanno da tempo nel mirino l’appuntamento del prossimo mese di giugno (si vota con il sistema proporzionale), consapevoli che sarà lotta di tutti contro tutti. Ogni partito si è già prefissato un obiettivo che trascende gli equilibri della coalizione di appartenenza. Il centro destra marcerà diviso, appartenendo a tre famiglie diverse: Fdi con i conservatori di Ecr di cui è presidente la stessa Meloni; la Lega con Identità democrazia, gruppo di destra ed estrema destra, Forza Italia con il Ppe. Salvini ha provato a forzare la mano per costringere gli alleati a escludere a priori ogni accordo con il Ppe e coi socialisti. Ma l’abbraccio con la Le Pen e l’Afd è stato più volte scomunicato da Tajani. Meloni con molto più realismo attende l’esito del voto prima di parlare di ogni possibile accordo e della possibilità che von Der Leyen succeda a se stessa. Ma quello che rischia di più è Salvini. Se la Lega non dovesse raggiungere il 10% si aprirebbe inevitabilmente la resa dei conti. Sul fonte opposto Schlein sarà in durissima competizione con i 5S. Duplice il suo obiettivo: raggiungere almeno il 20%, soglia sotto la quale la sua segreteria potrebbe implodere, e tenere a debita distanza Conte. Il quale è consapevole che l’appuntamento europeo non è particolarmente gradito al suo elettorato. Alla meta li divide in primis la questione ucraina. Tuttavia, per giugno i due competitor del centro sinistra dovrebbero avere almeno idee più chiare sul campo largo.


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