Abbaglio da 36 milioni, nessun abuso finanziario: in 19 assolti dopo 13 anni
Erano prestiti non vendite per decine di milioni di euro di titoli mobiliari (lending agreement). Ecco perché l’impalcatura accusatoria in aula ha fatto patatrac. Nessun abuso finanziario orchestrato tramite fantomatiche associazioni per delinquere – l’ipotesi accusatoria -, che si muovevano anche all’estero per truffare la clientela con titoli di credito da dare in garanzia per ottenere fidi e altro. Dopo 13 anni di indagini e processi, la tesi della Procura della Repubblica di Pisa, che aveva chiesto pene pensatissime nei confronti dei principali accusati – 12 anni ad esempio per il vicentino Mario Bortoloso, ex deputato di FI – , si è sciolta come neve al sole. I 19 imputati, tra cui professionisti e uomini d’affari di mezza Italia, sono stati assolti con la formula piena del “fatto non sussiste” dal tribunale presieduto da Beatrice Dani. Il dibattimento era iniziato il 22 maggio 2019 ed ha affondato la tesi degli inquirenti. Per le persone coinvolte è stato un calvario a causa dei sequestri subiti e della perdita di credibilità professionale in virtù delle pesanti ipotesi formulate dai Pm. Essi ritenevano sussistenti i reati di abusivismo finanziario ai danni di numerosissimi clienti/investitori. Inutilmente per anni Giovanni Margotti, Mario Ausoni, Liljana Radjenovic, Dimitrij Gruden, Mario Bortoloso, Bruno Fara, Domenico Lanziano, Roberto Sabatini, Anna Maria Nascetti, Stefano Tomarelli, Stefano Cardinali, Paolo Bstianello, Massimo Pichetti, Sergio Ciccarella, Francesco Arcoleo, Mira Blanchet, Khadija El Drissi, John Trubacik e Franco Giorgi hanno protestato la loro estraneità alle contestazioni. Sono state decisive le testimonianze del prof. Raffaele Lener, docente di diritto dei mercati finanziari a Roma, e di Mauro Lorenzoni del servizio di vigilanza della Consob. I due hanno spiegato che la fattispecie alla base dell’accusa non era disciplinata e quindi, come hanno stabilito i giudici, non è sanzionabile neppure ai fini amministrativi della Consob. Gli imputati, infatti, avevano creato una piattaforma finanziaria a livello internazionale e si avvalevano di agenti in tutti i continenti per proporre agli investitori la possibilità di sottoscrivere contratti di “call option” o del rinnovo degli stessi, che avevano per oggetto non tanto l’acquisto di un titolo di credito, quanto piuttosto il canone di affitto per la disponibilità dello stesso. I clienti pagavano il costo della disponibilità del titolo di credito, che fosse un’obbligazione o un’azione di importo rilevante – l’attività contestata era per 36 milioni di euro -, per uno o due mesi. “Il senso di queste operazioni – spiega l’avvocato Marco Dal Ben (nella foto) di Vicenza, che difende l’ex deputato Bortoloso, presidente della società “O3 Omicron” con sede a Pontedera (Pisa) – era che il cliente che prendeva in affitto in modo lecito il titolo di credito andava in banca e lo metteva a garanzia di operazioni di finanziamento”. Di tutt’altro avviso era la Procura di Pisa, che con la Guardia di Finanza ha imbastito un processo su un terreno finanziario sdrucciolevole. L’errore commesso dai Pm, come rilevano i giudici, è di avere considerato che le attività negoziali e pre-negoziali degli imputati “fossero inquadrate come truffe o comunque come attività di abusivismo finanziario”. In base ai file e ai documenti sequestrati agli imputati a partire dal 2015, l’accusa riteneva che il denaro ricevuto dai clienti tramite i contattati dei broker operanti all’estero, fosse il profitto di un’attività illecita. In realtà il processo ha stabilito che gli intermediari/imputati non erano titolari degli strumenti finanziari, né eseguivano ordini per conto dei clienti, né gestivano portafogli di titoli e neppure eseguivano consulenze in materia di investimenti. Insomma, non eseguivano attività finanziarie “soggette al regime autorizzativo previsto dal disegno di legge 24 febbraio 1958, numero 58”. Se è vero che gli imputati non erano autorizzati ad esercitare servizi di investimento, i contratti da loro posti in essere non realizzavano alcuna fattispecie di reato come ha sottolineato in aula Lorenzoni, ritenuto uno dei massimi esperti italiani in tema di mercati finanziari per il ruolo ricoperto in Consob. Tra l’altro, non c’è alcun precedente analogo a quello dibattuto a Pisa e, pertanto, c’è un vuoto normativo in materia di prestito di titoli mobiliari. Ecco perché nessun imputato, come ad esempio Paolo Bastianello con la società inglese “Alto International Holding”, ha violato la legge. E tutti sono usciti dall’aula a testa alta. Dopo 13 anni di patimenti e gravose spese.
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