Attualità

Addio a Paul Auster, maestro del postmodernismo americano

di Angelo Vitale -


E’ morto Paul Auster. Secondo quanto scrive il New York Times, lo scrittore americano, 77 anni, ammalato da tempo di un cancro al polmone, è morto nella sua casa di Brooklyn. Autore, tra l’altro, de “La trilogia di New York”, “Sunset Park”, “Invisibile”, aveva pubblicato il suo ultimo romanzo “Baumgartner” lo scorso anno.

Addio, quindi, al romanziere che si era fatto apprezzare per la parodia del romanzo poliziesco e per l’attenzione per l’inverosimile, uno dei maestri del postmodernismo americano insieme a Thomas Pynchon e Don DeLillo, che ha incentrato la propria poetica sul caso che domina l’universo, come nella “Trilogia di New York”, parodia postmoderna del romanzo poliziesco, e sull’attenzione per l’inverosimile.

Il romanziere, molto legato alle radici della sua famiglia ebrea, è morto all’età di 77 anni per le complicazioni dovute a un cancro ai polmoni nella sua casa di Brooklyn, come riporta il “New York Times”, citando uno dei suoi amici, Jacki Lyden.

Nel dicembre 2022 all’autore di acclamati romanzi come “Nel paese delle ultime cose” e “Mr. Vertigo” era stato diagnosticato un tumore che ha curato con trattamenti di chemioterapia e immunoterapia al Memorial Sloan–Kettering Cancer Center di New York, uno dei centri per la ricerca e il trattamento del cancro più famosi a livello mondiale. Nel marzo 2023, con un post su Instagram, era stata la seconda moglie, la scrittrice e poetessa Siri Hustvedt, a rivelare che Auster era malato. E sempre l’anno scorso aveva pubblicato il suo ultimo romanzo “Baumgartner”.

Autore di una vasta produzione, tradotta in italiano da Einaudi, Auster si è dedicato anche alla poesia, alla saggistica e alle sceneggiature cinematografiche, dirigendo anche alcuni film. Aveva esordito con le raccolte poetiche “Unhearth” (1974) e “Wall Writing” (1976), seguite da una pièce teatrale (“Laurel and Hardy go to heaven”, 1977) e “White spaces” (1980), primo testo in prosa che prelude a “L’invenzione della solitudine” (1982), originale intreccio di saggio, fiction e autobiografia incentrata sul suo rapporto con il padre, deceduto poco tempo prima. Auster ha raggiunto il successo nel 1987 con la “Trilogia di New York” composta da “Città di vetro” (1985), “Fantasmi” (1986) e “La stanza chiusa” (1987): sorta di parodia postmoderna del romanzo poliziesco, i tre romanzi scardinano le convenzioni del genere, mescolando echi della grande tradizione americana (N. Hawthorne, H. D. Thoreau, E. A. Poe, H. Melville) a suggestioni del nouveau roman, per costruire un universo, sia narrativo sia urbano, dominato dal caso.
Attivo anche nel mondo del cinema, Auster ha firmato le sceneggiature di “Smoke” e “Blue in the face”, diretti da Wayne Wang (entrambi del 1995, il secondo in collaborazione con lo stesso Auster), di “Lulu on the bridge” (1998), interpretato da Willem Dafoe e Harvey Keitel, e “La vita interiore di Martin Frost” (2007), film rispettivamente del 1998 e del 2007 di cui ha curato anche la regia.

Paul Auster era nato da una famiglia ebrea di origini polacche a Newark, nello stato americano del New Jersey, il 3 febbraio 1947. Suo padre, Samuel Auster, era proprietario di alcuni edifici di Jersey City; sua madre aveva circa 13 anni in meno del marito ed il loro, fin dai primi giorni, non fu un matrimonio felice. Paul Auster era cresciuto a Newark, assieme alla sorella, più piccola di lui di circa tre anni e affetta da forme di squilibrio mentale. La situazione famigliare segnò la vita di Paul Auster, come rivelerà lui stesso nel suo memoir “Sbarcare il lunario”.

Paul Auster inizia a nutrire una forte passione per la letteratura fin da giovane. Dopo le scuole superiori, in viaggio per l’Europa, visitando l’Italia, la Spagna, Parigi e Dublino, la città di James Joyce. Tornato negli Stati Uniti, si iscrive alla Columbia University. Nel 1966 conosce la scrittrice Lydia Davis, con la quale si sposerà il 6 ottobre 1974 e da cui avrà un figlio, Daniel. E proprio Daniel è stato protagonista di una vicenda spaventosa: il figlio del romanziere è morto nell’aprile 2022 per overdose a 44 anni; sei mesi prima era diventato il principale sospettato, con tanto di arresto e rinvio a processo, per la morte della figlia di dieci mesi, Ruby, trovata in casa, a Brooklyn, in stato di incoscienza per un’overdose di fentanyl e eroina, e morta poco dopo.

Nel 1969, dopo aver conseguito la laurea, Paul Auster si imbarcò su una petroliera e viaggiò per un anno. Poi è di nuovo a Parigi, dove restò per tre anni, dal 1971 al 1974, lavorando come traduttore. Tornato negli Stati uniti, si stabilisce a New York nel 1974, esordendo come scrittore con poesie, racconti e articoli pubblicati sulla “New York Review of Books” e sulla “Harper’s Saturday Review”. Dopo aver divorziato dalla Davis, nel 1981 si era sposato con la scrittrice Siri Hustvedt, da cui ha avuto una figlia, Sophie, cantante e attrice.

Nonostante la malattia, nel 2023 Paul Auster eraè riuscito a pubblicare un nuovo e ultimo romanzo, “Baumgartner”. Dopo un romanzo-mondo come “4 3 2 1”, pubblicato sei anni prima, lo scrittore si è presentato ai suoi lettori con un libro all’apparenza semplice e lineare, proponendo il suo personaggio forse piú simpatico ed empatico: un uomo che al termine della vita si interroga sulle cose essenziali, inciampando e andando a sbattere come in una vecchia comica malinconica. La vita di Seymour Baumgartner è stata definita dall’amore per la moglie Anna. Ma ora Anna non c’è piú e Baumgartner si inoltra nei settant’anni cercando di convivere con la sua assenza. Professore di filosofia, vedovo da dieci anni, Seymour Baumgartner non si è mai rassegnato alla perdita dell’amata moglie Anna, traduttrice e poetessa, e affronta la vita con un senso di straniamento e una certa goffaggine. Nonostante le malinconie e gli acciacchi dell’età, però, Baumgartner è una persona affabile e generosa. Possiede la saggezza di chi ha vissuto e sa quanto sono importanti i rapporti umani, che vanno coltivati con cure continue e una buona dose di ironia e di umorismo. Passando gran parte del tempo a lavorare nel suo studio, Baumgartner intreccia una buffa e disperata trama di relazioni con le persone che si affacciano alla sua porta, finché in un sogno, o visione del dormiveglia, incontra Anna, che gli rivela di essere bloccata in una terra di mezzo tra il mondo dei vivi e l’aldilà: è l’inguaribile nostalgia del marito a impedirle di concludere il suo ultimo viaggio. Per liberare Anna, con logica ineccepibile, Baumgartner decide di far procedere la sua vita e si butta in una relazione sentimentale con una loro vecchia amica. Ma questo è solo l’inizio di una serie di vicende imprevedibili e scatenate come solo Paul Auster, il virtuoso della “musica del caso”, poteva immaginare. Perché ricordiamo certi momenti e ne dimentichiamo altri? Cosa resta di noi quando non ci siamo più?

Travolto negli ultimi anni, come detto, da una tragedia familiare spaventosa, a cui poco dopo si è collegata la scoperta del suo tumore: il figlio del romanziere è morto il 26 aprile 2022 per overdose a 44 anni; sei mesi prima era diventato il principale sospettato, con tanto di arresto e rinvio a processo, per la morte della figlia di dieci mesi, Ruby, trovata in casa, a Brooklyn, in stato di incoscienza per un’overdose di fentanyl e eroina, e morta poco dopo.

Daniel Auster, che fin da quando era adolescente aveva combattuto con le tossicodipendenze, in particolare dall’eroina, si stava prendendo cura della figlioletta Ruby nel pomeriggio del 1 novembre 2021, quando i sanitari dell’emergenza di New York risposero a una chiamata partita dalla sua casa di Brooklyn e trovarono la bambina priva di sensi. La piccola venne portata d’urgenza in ospedale, ma venne subito dichiarata morta. L’autopsia concluse che Ruby era stata stroncata da un’overdose di fentanyl ed eroina. Ma non è mai stato chiaro come bimba avesse ingerito le droghe.

A seguito delle indagini, Daniel Auster venne arrestato il 15 aprile 2022 e accusato di omicidio colposo. Fu rilasciato su cauzione. Il 26 aprile, la morte per un’overdose accidentale di droga, spiegarono all’epoca fonti della polizia. Si ritenne che il sovradosaggio fosse accidentale perché i test avevano evidenziato una quantità di droga simile a quella che normalmente assumeva. Daniel non era incensurato. Più di due vent’anni prima, si era dichiarato colpevole di aver rubato 3.000 dollari allo spacciatore Andre “Angel” Melendez, poi clamorosamente ucciso dal suo compagno di stanza, il patron del New York “Club Kid Killer” Michael Alig, nel 1996. Era nato il 12 giugno 1977 dal matrimonio tra suo padre e l’autrice e traduttrice Lydia Davis, che divorziarono l’anno dopo.

L‘ultima intervista di Auster, a “The Guardian”, alla vigilia dell’uscita del romanzo “Baumgarten”

“Questa potrebbe essere l’ultima cosa che scrivo”. Così lo scrittore statunitense Paul Auster si esprimeva in una lunga intervista al quotidiano londinese “The Guardian” il 19 novembre scorso, vigilia dell’uscita del suo nuovo romanzo “Baumgarten” (in Italia pubblicato con lo stesso titolo da Einaudi martedì 21 novembre 2023).

È stato verso la fine del 2022, quando Auster stava terminando “Baumgartner”, che iniziò ad avere “misteriose febbri che mi colpivano nel pomeriggio”, confidò il romanziere. In un primo momento gli era stata diagnosticata una polmonite, prima di imboccare alcuni “vicoli ciechi” riguardo al lungo Covid e ricevere infine una diagnosi di cancro. “Da allora le cure sono state incessanti e non ho più lavorato. Ho affrontato un rigore che ha prodotto miracoli e anche grandi difficoltà”, affermava lo scrittore in quell’ultima intervista.

Nel marzo 2023 la seconda moglie di Auster, la scrittrice Siri Hustvedt, aveva rivelato che lo scrittore era stato “bombardato con la chemioterapia e l’immunoterapia” e che la coppia viveva in quella che lei chiamava “Cancerlandia”. Per quanto riguarda “Cancerlandia”, Auster affermò al “Guardian” che “non ci sono mappe e non si sa se il passaporto è valido per uscire da questa terra ignota. C’è però una guida che si mette in contatto proprio all’inizio. Controlla che il nome sia corretto e poi dice: ‘Sono della polizia oncologica. Dovete seguirmi’. E tu cosa fai? Dici: ‘Va bene’. Non hai scelta, perché ti dice che se ti rifiuti di seguirlo ti ucciderà. Io ho detto: ‘Preferisco vivere. Portami dove vuoi’. E da allora ho seguito quella strada”.

In quell’ultima intervista Paul Auster raccontò che il suo fascino per l’idea di un momento che cambia la vita deriva da un incidente d’infanzia che ha fornito il punto di partenza per il suo precedente romanzo “4 3 2 1” (2017, anch’esso come tutti i precedenti tradotti in italiano da Einaudi). Durante un campeggio estivo, un ragazzo accanto a lui fu ucciso da un fulmine.

“È stata l’esperienza fondamentale della mia vita. A 14 anni tutto ciò che si vive è profondo. Sei un work-in-progress – raccontò Aster – Ma essere accanto a un ragazzo che è stato essenzialmente ucciso dagli dei ha cambiato la mia visione del mondo. Avevo dato per scontato che le piccole comodità borghesi della mia vita nel New Jersey suburbano del dopoguerra avessero una sorta di ordine. E poi mi resi conto che nulla aveva quel tipo di ordine. Da allora ho vissuto con questo pensiero. È agghiacciante, ma anche liberatorio. Ti tiene sulle spine. E se riesci a imparare questa lezione, allora certe cose nel mondo sono più sopportabili di quanto sarebbero state altrimenti. Credo che l’impulso a scrivere e raccontare storie sia diverso per ogni scrittore. Ma credo che questa sia l’essenza di ciò che ho fatto in tutti questi anni”.



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