Attualità

Agenti di commercio, la pensione negata e le “silenti” vittime dell’Enasarco

di Angelo Vitale -


Uno scandalo ai più sconosciuto: l’Enasarco ha una storia che precede quella dell’Italia che conosciamo tutti. Nasce nel 1938, prima del fascismo, “gestore della prima e per molto tempo unica tutela previdenziale per gli agenti e rappresentati”, dicono le cronache istituzionali di un ente atipico, unico in Italia e nel mondo. Più recenti, ma già vecchie di 12 anni, le polemiche che affermavano che “Enasarco ha costruito il suo patrimonio con finanziamenti, tutele e finalità pubbliche”. Erano i tempi di un’Affittopoli che fece rumore: “di cinquanta milioni di euro – scriveva il Corsera 8 anni fa – la tangente promessa – 3 milioni di acconto – da Stefano Ricucci per la realizzazione dell’affare del secolo, la vendita dell’immenso patrimonio immobiliare dell’Enasarco, valutato in 3,25 miliardi di euro, 6500 miliardi di ex lire”.
Un humus deteriorato in un ente atipico, abbiamo detto. Rinato a nuova vita nel 1996, privatizzato insieme ad altri enti previdenziali di diritto pubblico, assumendo l’attuale forma giuridica di fondazione. Alla fine, una pubblica amministrazione che svolge un servizio pubblico di tipo previdenziale e da stato assistenziale per gli agenti di commercio. Anomalo ente, pur essendo un soggetto di diritto privato secondo l’ordinamento italiano, che persegue finalità di pubblico interesse in quanto si occupa della previdenza integrativa degli associati, a contribuzione obbligatoria, ed è sottoposto alla vigilanza del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Questo, sulla carta. Perché non risulta che il Ministero considerato centrale da ogni partito nella storica spartizione dei governi, finora abbia mosso un dito su questa vicenda.
Un ente che da anni non ritiene di dover garantire risposte alle legittime domande di decine di migliaia di agenti di commercio, alle prese con un inghippo che intralcia una richiesta basilare. Quella di una pensione decente al termine di anni di lavoro. E – si badi bene – di anni di erogazioni di contributi.
Per cominciare a comprendere i dettagli di questa vicenda bisogna fare conoscenza con la questione dei cosiddetti “silenti”, i soggetti iscritti all’Enasarco che, avendo versato contributi obbligatori per un numero di anni inferiore ai 20 anni minimi previsti, sono impossibilitati a conseguire il diritto alla prestazione pensionistica integrativa corrisposta dall’Ente ed a poterne richiedere la restituzione, in quanto non prevista dall’ordinamento. E al riguardo, bisogna sapere che nel sistema previdenziale obbligatorio pubblico, del quale la prestazione corrisposta dall’Enasarco è integrativa, non è previsto il rimborso dei contributi versati qualora gli stessi non producano, per mancanza dei necessari requisiti, la liquidazione di una prestazione pensionistica. Ciò, in quanto tale sistema è basato su principi solidaristici generali e non sulla rigida considerazione della posizione contributiva del singolo assicurato.
Un questione tecnica che interviene sulla pelle di decine di migliaia di agenti di commercio. Italiani – questo va ricordato ai politici di tutti i partiti – che hanno perso da 30 mila a 70 mila euro di versamenti senza aver diritto alla pensione. Ora, una nuova norma pesa ancora di più sulla loro sorte. Vorremmo saperne di più innanzitutto dai responsabili in ogni segmento, dalla politica fino alle poltrone principali di questo ente sopravvissuto ad ogni minima azione di spending review o rivisitazione “rivoluzionaria”, avviata o solo annunciata – ed è l’ennesima pietra dello scandalo. Nuove norme, attese fin dai primi mesi del 2024, prevedono che gli agenti di commercio avranno diritto ad una pensione ridotta, se iscritti all’Enasarco dopo il gennaio 2013 e dopo aver versato contributi in almeno 5 anni. E tutti quelli iscritti prima del 2013? Esclusi da questa manovra, pur avendo versato contributi per 10/15 anni. Se non è questa una diseguaglianza, cosa può esserlo? Inutile, finora, il pressing portato ai fianchi della politica. L’onorevole Walter Rizzetto di FdI, nel 2021, parlava esplicitamente di “vittime” dell’Enasarco, finora senza risposte.
I “silenti” aspettano le mosse di questo governo. E auspicano una rivisitazione delle norme che intervenga sulla materia prima della soglia del 2024. Quattro mesi per “fare presto”.


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