Cultura & Spettacolo

Angela Hewitt: se Bach vive in Canada

di Redazione -


di RICCARDO LENZI

Bach vive in Canada: titoli di questo genere si sprecarono quando la pianista Angela Hewitt fu eletta “artista dell’anno” dalla prestigiosa rivista “Gramophone”. Nata a Ottawa da una famiglia di musicisti, ad avviso di molti critici anglosassoni è l’erede designata del suo illustre connazionale Glenn Gould, proveniente dalla vicina Toronto, che alla fine del Novecento rivoluzionò l’interpretazione pianistica del compositore dell'”Arte della fuga”, facendola ritornare di gran moda. «Le sue registrazioni bachiane sono una delle glorie della nostra epoca», ha scritto il “Sunday Times” a proposito della Hewitt, «È la più eminente interprete di Bach del nostro tempo», “The Guardian”. La Hewitt per qualche tempo, dal 29 giugno al 5 luglio, sarà protagonista fra Umbria e Toscana del raffinato “Trasimeno Music Festival”, da lei ideato.

Del suo amore per Bach parlò a “L’Espresso”: «A quattro anni vidi Gould suonare alla televisione e chiesi ai miei genitori: “Chi è quel folle?”». In realtà ne fu favorevolmente impressionata, ma da allora tanta acqua musicale passò nel torrente delle interpretazioni bachiane e oggi ritiene che lo stile di Gould fosse come condizionato dalla sua eccentrica personalità. Gould come suonava Bach? Detestava il pedale di risonanza, creava una sonorità metallica, correva, almeno da giovane, a una vertiginosa velocità, con una marcata scansione del ritmo, le fughe spesso provocatoriamente esposte in staccato. E la Hewitt? Un parco uso del pedale, il suono cristallino, la polifonia trasparente nella sovrapposizione delle voci, ogni elemento risolto sempre in espressione. Pare quasi che non suoni il pianoforte solo con le dita, ma soprattutto con la testa e quando esegue Bach al pianoforte non pensa solo alle sonorità dello strumento, piuttosto alla sua voce complessiva, memore degli strumenti a corda, dei fiati, dell’orchestra barocca, dell’organo. E alla danza: non casualmente, perché ha studiato ballo dai tre ai ventitré anni, circostanza che si può dedurre anche dalla gestualità che esibisce dinanzi al pubblico fin dal primo incedere sulla scena, da come porge il saluto, dalla postura sullo sgabello dinanzi allo strumento, il busto eretto dominante le agili braccia svolazzanti sulla tastiera.

Tanto coinvolgimento certamente sottintende un particolare rapporto con il genio di Eisenach. Quali siano i motivi affettivi e speculativi lo spiega ironicamente: «Sono cresciuta con la sua musica. Papà suonava le sue pagine in chiesa, io le cantavo. Ho un reale, profondissimo “Bachground”. Non occorre essere cristiani per avvertire il suo messaggio, per intuire quali sensazioni e riflessioni smuova. Spesso il mio pubblico mi confessa che ascoltare le “Variazioni Goldberg” equivale a una vera e propria esperienza spirituale. Sa cosa le dico, sperando di non apparirle blasfema? Molto meglio suonare o ascoltare Bach, che andare in chiesa!». Il “Trasimeno festival” proporrà sette concerti tra musica da camera e sinfonica. L’inaugurazione avverrà il 29 giugno con un concerto solistico della Hewitt all’Oratorio di San Francesco dei Nobili, a Perugia. Seguiranno tre serate all’insegna della musica da camera, che si svolgeranno al Castello di Magione: fra le curiosità in programma alcune rare composizioni per mandolino e fortepiano di Beethoven (al mandolino Patrit Ceku). Nella chiesa di San Michele Arcangelo a Perugia la Hewitt con il violinista Benjamin Schmid, pupillo di Yehudi Menuhin, eseguirà musiche di Bach e Beethoven. Nel concerto di chiusura del festival, il 5 luglio ancora a Perugia nella Basilica di San Pietro dall’acustica raffinata, potremo ascoltare i “tripli concerti” di Bach (in re minore Bwv 1063) e di Mozart (in fa maggiore K242) con l’Orchestra da Camera di Perugia diretta dall’artista canadese. Fra gli altri illustri ospiti che animano la rassegna il baritono Joshua Hopkins e la scrittrice Margaret Atwood, vincitrice di un paio di Brooker prize.


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