Attualità

Aule piene e cattedre vuote. Il Covid va via, resta il caos

Il ministro Bianchi assicura: "L'anno inizierà in regola con tutti i docenti". I sindacati denunciano: mancano 200mila insegnanti.

di Rita Cavallaro -


Dai banchi a rotelle alle cattedre vuote. È la scuola post pandemia, che, superata la didattica a distanza, mostra le solite vecchie lacune, strutturali e organizzative. L’anno scolastico è partito ieri a Bolzano e la prossima settimana prenderà il via gradualmente in tutte le altre regioni. Eppure è già arrivato l’allarme dei sindacati: all’appello mancherebbero 200mila insegnanti. La carenza di docenti riguarda soprattutto le scuole primarie del Nord Italia, che avranno difficoltà a reperire maestri di sostegno. Alle medie il problema è rappresentato da insegnanti di lettere e matematica, mentre per le superiori sarebbero vuote le cattedre di fisica. “Gli insegnanti saranno tutti al loro posto”, ha garantito il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, durante il suo intervento al Forum Ambrosetti a Cernobbio. “Non mi sono sbagliato, in molte regioni abbiamo già fatto le supplenze. Quest’anno – ha aggiunto – non ci saranno le 40mila supplenze legate al Covid.

Quindi non è che mancano, ma non ci sono perché erano legate all’emergenza pandemica. Stiamo lavorando per garantire a coloro che verranno la tavola apparecchiata”. Niente allarmismi, dunque, secondo il titolare del dicastero dell’Istruzione, che ha snocciolato i numeri, parlando di “800mila insegnanti in Italia per quasi 7 milioni di bambini, ma quest’anno abbiamo fatto tanti concorsi, oltre 50mila li abbiamo assunti o li stiamo assumendo”. Eppure i sindacati continuano a porre il problema, sostenendo che quei concorsi coprono solo la metà delle cattedre e sottolineano che la questione si manifesterà in tutta la sua drammaticità non appena gli studenti rientreranno in classe in tutte le regioni, per ultimi siciliani e valdostani il 19 settembre. Per ora l’unica realtà che possiamo analizzare è quella del primo giorno di scuola nella provincia di Bolzano, che segue iter differenti rispetto al resto del Paese. I supplenti, infatti, sono nominati dalla Sovrintendenza scolastica, che lascia ai singoli istituti la possibilità di chiamare personale per coprire alcune ore in classe. “Le convocazioni hanno seguito le graduatorie provinciali e di istituto e al momento abbiamo coperto tutte le classi”, ha spiegato il preside dell’Istituto comprensivo Bolzano III, Giuseppe Augello. Nonostante una gestione più funzionale rispetto alla realtà del resto dello Stivale, anche nelle scuole di Bolzano non mancano i problemi dovuti alla mancanza degli insegnanti, seppur in piccola parte. Sottolinea Augello: “Purtroppo ci mancano due docenti di lingua tedesca nella scuola primaria e non si trovano gli insegnanti. Ho convocato due insegnanti sulla base delle domande pervenute direttamente ai dirigenti, ma al momento non ho nessuna accettazione ufficiale. È una situazione di carenza di docenti di tedesco che è comune a molte scuole della provincia di Bolzano”. Stesso scenario all’istituto comprensivo Falcone e Borsellino di Bressanone, dove la dirigente scolastica Maria Concetta Capilupi ha fatto sapere di aver coperto tutte le classi: “Per ora siamo partiti più o meno al completo, ci mancano da coprire 6 ore di lezione e stiamo cercando i docenti di lingua tedesca”. Una carenza non da poco, considerando che nella provincia autonoma di Bolzano oltre i due terzi degli abitanti sono di madrelingua tedesca. Il resto d’Italia, di madrelingua italiana, ha soltanto una settimana per scorrere le graduatorie e coprire le cattedre vuote che si troveranno centinaia di studenti il prossimo lunedì, quando si tornerà in classe. “Non c’è alcun dubbio che la scuola partirà con le cattedre vuote”, ha precisato il presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma, Mario Rusconi, il quale prevede che, una volta messi a ruolo i 62mila vincitori di concorso, mancheranno tra gli 80mila e i 90mila insegnanti, per un anno in cui potrebbero volerci mesi per coprire i posti vuoti. A complicare la situazione è certamente la modalità di chiamata dei supplenti, che Rusconi definisce “un meccanismo diabolico, che andrebbe cambiato, ma non c’è spinta al cambiamento da parte dei sindacati”. E la riforma Bianchi non sembra adeguata per la risoluzione delle criticità. Per il presidente dell’Anp, infatti, bisogna intervenire su tre fattori che creano i maggiori disagi. “I concorsi dei docenti sono troppo distaccati nel tempo l’uno dall’altro”, spiega Rusconi, “e la procedura prevede domande incongrue a crocette, a causa delle quali molti insegnanti con le giuste competenze non hanno superato il concorso, quindi sull’impostazione del sistema concorsuale abbiamo fallito. E il meccanismo telematico alla base del sistema delle supplenze su scala regionale non funziona, perché tra il 70 e l’80 percento dei docenti chiamati non risponde subito. L’esempio su tutti”, ha sottolineato, “sono le 17 chiamate telematiche fatte lo scorso anno dal Provveditorato, quando l’insegnante è arrivato in classe a gennaio. Nel mentre la scuola attinge alle graduatorie interne, ma molte volte le assenze non vengono colmate perché mancano i professionisti”. Insomma, una graduatoria nazionale che vede gli aventi diritto alla cattedra liberi di rispondere con calma alle chiamate, perché magari nel mentre si sono impegnati in altre sedi, e le singole scuole che cercano di risolvere i problemi convocando coloro i quali hanno già lavorato nell’istituto. E i nodi vengono al pettine solo con l’inizio dell’anno scolastico. In alcune regioni come il Lazio, ad esempio, non si può procedere alle supplenze prima di aver effettuato le nomine in ruolo dei docenti di sostegno specializzati e dei precari che hanno effettuato tre anni di servizio e superato il concorso straordinario. In Umbria e Molise le graduatorie sono state pubblicate e ritirate dopo poche ore perché erano sbagliate, così le carenze riguardano non solo i docenti, ma anche il personale scolastico e i presidi. “Sarebbe bastato confermare l’organico Covid”, dichiara il segretario della FlC-Cgil, Francesco Sinopoli. Personale che il ministro Bianchi ha collegato all’emergenza e che oggi che l’emergenza non c’è più ha deciso di lasciare a casa. Infine, sullo sfondo, restano i problemi strutturali: le classi pollaio e gli istituti decadenti.


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