Economia

Automotive, pressing congiunto di sindacati e Federmeccanica sul Governo

di Redazione -


Nel 1946 fu definita “l’industria delle industrie”. È il settore italiano dell’automotive, che oggi vale un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro.

E anche oggi, pur a fronte di una caduta della produzione nazionale di autoveicoli – che è passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700mila nel 2021, di cui meno di 500mila autovetture – il settore ha, nel suo insieme, un peso rilevante nell’economia italiana.

Per questo, aderendo alla sollecitazione del premier Mario Draghi per una prospettiva economica condivisa, le parti sociali del comparto hanno sentito “la responsabilità di affrontare congiuntamente, di fronte alle istituzioni e agli attori economici e sociali, un’emergenza che oscilla pericolosamente tra grandi opportunità e gravi rischi”. Da qui l’intesa che è alla base di una richiesta formulata da Federico Visentin, presidente Federmeccanica; Corrado La Forgia, vicepresidente Federmeccanica con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica; Roberto Benaglia, segretario generale Fim Cisl; Francesca Re David, segretario generale Fiom Cgil e Rocco Palombella, segretario generale Uilm Uil di incontrare con urgenza Draghi e i ministri delle Finanze, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dello Sviluppo Economico e della Transizione Ecologica per valutare assieme le condizioni e le possibili iniziative da attivare in merito ad alcune questioni cruciali, emerse dall’Osservatorio Automotive costituito dai richiedenti per monitorare e prevedere i potenziali scenari futuri.

L’intervento degli Stati sul settore negli anni è stato amplissimo e in ultimo l’Unione Europea ha previsto entro il 2035 lo stop alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio, confermata anche dal Governo italiano con la posizione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica dello scorso dicembre. Ma questa azione, se non accompagnata da interventi, potrebbe portare in Italia ad una perdita di circa 73mila posti di lavoro, di cui 63mila nel periodo 2025-2030, secondo le stime di Anfia-Clepa-PWC.

E già oggi i dati sull’andamento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall’Inps indicano la tendenza: nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60. Ora, “rispetto a tutto ciò – questa la considerazione – la domanda circa la preparazione del sistema Paese a fronte di questo scenario di discontinuità è doverosa, urgente e non la vediamo finora accolta da tutti gli attori con la necessaria attenzione. E, accanto alla necessità di un salto di qualità nella visibilità e condivisione di scenari e prospettive, cresce la preoccupazione per l’assenza di certezza nelle misure di accompagnamento a fronte di un processo di allocazione delle ingenti risorse del PNRR che è stato avviato”.

Perciò, “occorre mettere in campo azioni difensive, con interventi di regolamentazione, sugli impatti specifici per il territorio italiano, per la governance delle politiche industriali, per attivare le sinergie di una filiera ramificata, gestire le crisi industriali già aperte; attivare investimenti di sostegno alla domanda verso le tecnologie compatibili con il Green Deal e all’introduzione di vincoli alle emissioni, pari investimenti di sostegno all’offerta per la difesa dell’attuale capacità installata e dell’occupazione, l’attrazione di nuovi investimenti produttivi nel contesto competitivo, il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti che valorizzino le eccellenze italiane di tecnologia e stile, ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni di breve e di lungo periodo, fabbisogni e disponibilità di competenze tra education e formazione”.


Torna alle notizie in home