Esteri

Bivio Erdogan: Turchia la voto tra le incognite

di Ernesto Ferrante -


È arrivato il giorno delle elezioni presidenziali e parlamentari in Turchia. Il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan e lo sfidante e leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, stanno dando la caccia all’ultimo voto, senza esclusione di colpi. Per la prima volta dopo venti anni, il verdetto delle urne appare incerto.
Erdogan accetterà il risultato e, in caso di sconfitta, si dimetterà. “In Turchia siamo arrivati al potere con strumenti democratici” e “se il nostro Paese decidesse diversamente, farei ciò che la democrazia richiede, non c’è altro da fare”, ha affermato in tv. Il “sultano” ha assicurato che il suo schieramento rispetterà “qualsiasi risultato esca dalle urne”, ma si è detto comunque convinto che verrà rieletto per un altro mandato. Sulla strada che lo separa dal taglio del traguardo pesano moltissimo le incognite delle preferenze dei 25 milioni di curdi del Paese, ma anche dei cinque milioni di giovani della generazione “x” e dei 150mila siriani chiamati ai seggi per la prima volta.
Equilibri interni e attenzioni esterne possono incidere sul corso degli eventi, facendolo mutare. “Sono ingiuste nei confronti del Paese le dichiarazioni” di Kilicdaroglu, che ha denunciato “interferenze della Russia”. “Le sue affermazioni su eventuali ingerenze sono false”. Si è espresso così il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, all’emittente Cnn Turk.
“La Turchia ha bisogno più che mai di stabilità – ha sentenziato Cavusoglu – In Turchia le elezioni sono sempre state trasparenti. Dal punto di vista dell’immagine del Paese, è bene assicurarsi che le elezioni si svolgano in modo democratico e trasparente”. Accuse rispedite al mittente dagli avversari che, a loro volta, ritengono che gli Stati Uniti si stiano “intromettendo nelle elezioni turche”.
Ne è certo il ministro dell’Interno Suleyman Soylu, secondo cui la propaganda del mainstream dei media occidentali farebbe parte di un piano studiato da oltreoceano per destabilizzare Ankara e far deviare la sua linea in politica estera.
“Il signor Kemal Kilicdaroglu prende ordini dai terroristi. Noi prendiamo ordini dal nostro Dio e dalla nostra Nazione. Questa è la differenza tra noi”, ha tuonato Erdogan, agitando lo spettro di presunti legami tra il suo antagonista e il leader del Pkk durante un comizio nel quartiere di Umraniye nella capitale.
L’incognita più grande è costituita dall’affluenza e dalla scelta dei giovani turchi di età compresa tra i 18 e i 24 anni, chiamati ad un debutto per molti versi storico. Loro che non hanno conosciuto nessun’altra leadership all’infuori di quella del leader dell’Akp, potrebbero mettere fine al suo lunghissimo “regno”. Da un recente sondaggio è emerso che “solo” il 78% di questa fascia verde ha intenzione di votare. La dura crisi economica, l’aumento dei prezzi, il galoppo dell’inflazione e la svalutazione della lira turca, hanno fatto dilagare la sfiducia tra chi dovrebbe avere un ruolo da protagonista nella costruzione del futuro.
Delicatissima è la questione dei profughi siriani. Ben 3, 7 milioni di persone sfuggite ad una guerra combattuta anche da gruppi estremisti foraggiati dalla Turchia divenute argomento di scontro in una campagna elettorale arroventata. Tutti i partiti, con l’eccezione dei filo curdi di Hdp, hanno inserito nel programma un piano di rimpatrio. Dall’altro ci sono 150mila siriani chiamati al voto.
Il tema della presenza di uomini e donne scappati dalla Siria è stato cavalcato da Kemal Kilcdaroglu. Erdogan, per non perdere terreno, ha astutamente avviato un processo di distensione con il governo di Damasco per realizzare un piano che consenta “il ritorno dignitoso e volontario dei siriani”.
In Occidente, molti sperano nella fine della “stagione erdoganiana”, ritenendo più agevole trattare con il capo di un partito laico kemalista maggiormente compatibile con “i valori europei”. In un momento di grande tensione e confusione in varie “regioni”, per le cancellerie occidentali sarebbe fondamentale una “normalizzazione” dei rapporti con la Nato e un miglioramento delle altalenanti relazioni con l’Ue, soprattutto per la compressione delle libertà di stampa e di opinione, finita più volte sugli scranni dell’Europarlamento.
Americani ed esponenti politici del “Vecchio Continente”, vedono nel cambio della guardia anche la possibilità di applicare le sanzioni contro Mosca o di mettere fine a legami e accordi in materia di forniture militari. Il rafforzamento del fianco est della Nato rappresenta una partita nella partita da giocare anche ad Istanbul.
La Commissione elettorale suprema turca (Ysk) ha stabilito la validità dei voti espressi all’estero a favore del candidato alla presidenza, Muharrem Ince, che si è ritirato dalla corsa. Il presidente della Commissione, Ahmet Yener, ha spiegato che Ince ha comunicato ufficialmente la sua resa. Le operazioni di voto all’estero sono iniziate a fine aprile e si sono concluse il 9 maggio. Il suo Partito della Patria resta comunque in lizza per i seggi in Parlamento.


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