Esteri

Brasile, gli indigeni Yanomami di nuovo in pericolo

di Martina Melli -


Il Brasile sta perdendo la battaglia contro i minatori illegali in Amazzonia. Molti indigeni Yanomami, nativi della foresta pluviale stanno morendo a causa della malnutrizione, dell’influenza e della malaria. Un anno dopo che il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha dichiarato la crisi umanitaria tra gli Yanomami promettendo tolleranza zero per l’estrazione mineraria illegale, le forze dell’ordine avvertono che il Brasile sta mettendo a repentaglio i progressi duramente conquistati l’anno scorso.

L’esercito brasiliano si è ritirato e i cercatori d’oro sono tornati. Secondo il ministero della Salute brasiliano, nel 2023, almeno 308 Yanomami sono morti di malattie, malnutrizione e violenze con i decessi per malaria (portata dai minatori) che sono raddoppiati rispetto al 2022.

La presenza dei minatori armati ha poi spaventato le tribù dal piantare la manioca, loro alimento base insieme al pesce di fiume, e ha ridotto la selvaggina che possono cacciare. Gli agenti dell’Ibama, l’agenzia per la protezione ambientale, hanno dichiarato di essere ormai soli nella battaglia contro i minatori dopo il venir meno del supporto militare.

A metà 2023 infatti l’esercito brasiliano ha ridotto le operazioni e ha smesso di trasportare carburante per gli elicotteri Ibama, limitando la loro portata in tutto il territorio. L’Air Force inoltre non ha imposto una no-fly zone, nonostante Lula abbia dato questo ordine ad aprile, e la Marina non sta facendo abbastanza per bloccare i fiumi che sono la principale via d’accesso dei minatori.

“Lo Stato non è effettivamente presente oggi nel territorio Yanomami, e stiamo assistendo al ritorno dell’estrazione mineraria illegale”, ha detto Hugo Loss, capo delle operazioni di contrasto di Ibama. Senza un maggiore sostegno militare, ha aggiunto, “perderemo tutto il lavoro di quest’anno”.

Insieme all’avvelenamento dei fiumi e alla diffusione di malattie, il ritorno dei cercatori d’oro rafforza i gruppi criminali che trafficano droga e legname in Amazzonia, minando l’impegno di Lula di ripristinare la legge e porre fine alla deforestazione entro il 2030.


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