Ambiente

“Cambiamenti climatici in Africa, occorre analizzare gli impatti locali per comprendere quelli globali”

di Redazione -


Il nesso tra acqua, cibo ed energia è fondamentale per le comunità africane e per i cambiamenti climatici in quel continente. Ora, è un tema principale al centro della ricerca dell’Environmental Intelligence for Global Change Lab del Politecnico di Milano, che ha condotto uno studio con Tufts University, Cornell University e Pacific Northwest National Laboratory. La ricerca ha evidenziato che politiche globali coordinate per la mitigazione dei cambiamenti climatici possono ridurre eventuali impatti dannosi e non voluti sulla scala locale.

Pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, lo studio prende in esame oltre 7000 scenari futuri che combinano diverse proiezioni di cambiamento climatico, socio-economico e le politiche di mitigazione.  E rileva che le azioni di riduzione delle emissioni di gas climalteranti prodotte dal cambiamento dell’uso del suolo, che prevedano livelli di tassazione delle emissioni diverse tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, possono aumentare le vulnerabilità nei bacini africani.

Questa ricerca è uno dei principali risultati del progetto europeo DAFNE – Decision Analytic Framework to explore the water-energy-food Nexus in complex transboundary water resource systems of fast developing countries finanziato dal programma europeo Horizon 2020, che ha promosso una pianificazione e gestione partecipata delle risorse idriche per identificare percorsi di sviluppo sostenibile che affrontino il nesso Acqua-Energia-Cibo di due fiumi africani: il bacino del fiume Zambesi e il bacino del fiume Omo e lago Turkana.

In particolare, è stato scoperto come queste strategie tendano a concentrare grandi progetti di espansione agricola nei Paesi africani, dove il cambiamento dell’uso del suolo non è tassato. Questi trend generano però valori di domanda di risorse idriche doppi rispetto all’implementazione di strategie di riduzione delle emissioni maggiormente coordinate e uniformi a livello internazionale. E permettono così di affrontare sia il problema del cambiamento climatico alla scala globale che di ridurne gli impatti alla scala locale, dove le maggiori domande di acqua vanno a diminuire la disponibilità di essa per gli utilizzi idroelettrici o per garantire servizi ecosistemici, soprattutto nei delta fluviali.

“Gli studi sulla gestione delle risorse idriche – spiega Andrea Castelletti, responsabile dell’Environmental Intelligence Lab del Politecnico di Milano – sono per lo più sviluppati entro i confini fisici dei bacini fluviali e raramente catturano interconnessioni su scale più ampie. Per la prima volta gli studi sono stati glocali, ridimensionando gli impatti delle politiche di mitigazione globali alla scala locale del bacino idrografico . Evidenziando che le strategie di livello globale dovrebbero essere riconsiderate alla luce di possibili impatti locali inaspettati, per promuovere una transizione più sostenibile verso un futuro decarbonizzato”.

“Fino a quando non saremo in grado di risolvere il conflitto tra migliorare l’accuratezza dei modelli su scala locale e catturare le connessioni socio-economiche globali, rischiamo di rappresentare in modo errato le vulnerabilità del nesso Acqua-Energia-Cibo alla scala locale. Senza questa conoscenza, non possiamo supportare i decisori politici nel definire le priorità relative a diverse strategie di mitigazione e adattamento”, dice Matteo Giuliani, ricercatore nell’Environmental Intelligence Lab del Politecnico di Milano.


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