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Napoli

Campania, Fico vince all’ombra di De Luca

Il Pd di Elly Schlein succube dei sistemi di potere che voleva sconfiggere

di Angelo Vitale -


Roberto Fico vince in Campania, ma sarà all’ombra di De Luca. Edmondo Cirielli resta distante, senza margini per ribaltare la corsa come pure era parso nella campagna elettorale: nessun traino da Fratelli d’Italia e dalla Lega, mentre cresce la ringalluzzita Forza Italia, in Campania un pianeta a sé.

Fico vince in Campania

La coalizione di centrosinistra regge, ma la sua è tutta un’altra storia rispetto a quella ogni volta proposta altrove. Questa vittoria arriva non come rottura, ma come risultato di un auspicato equilibrio che nasce da anni di dominio di Vincenzo De Luca e da mesi di trattative interne al campo largo.

Il dopo De Luca non inganna. È una transizione controllata. La lista A Testa Alta entra come una macchina di voti costruita da De Luca per restare centrale. Il governatore uscente – lo sapevano tutti – non voleva lasciare il campo. Non poteva ricandidarsi e ha scelto la strada più semplice per restare decisivo. Lo ha fatto con una lista che ha parlato agli elettori più di lui che di Fico. Con un blocco di amministratori che gli deve tutto. Con un potere costruito in dieci anni.

Il Pd ha dovuto “ingoiare” De Luca

Il Pd ha accettato questo patto perché senza quel pezzo di voto la partita diventava un rischio. Il partito difende la Regione e difende la propria presenza nell’alleanza con una formula che è e sarà un compromesso permanente. Ricompone l’asse con i 5Stelle, ma non riesce a imporre una linea netta. Elly Schlein voleva un campo largo libero da cacicchi e cordate, ma in Campania si ritrova la conferma della più potente macchina elettorale del centrosinistra meridionale. Lo ottiene per necessità, non
per scelta. E la spinta riformatrice si ferma contro la geometria del voto reale.

Fico vince, ma non da uomo solo. La sua campagna ha puntato su un profilo istituzionale, poco polemico, costruito più per tranquillizzare che per dividere. Ha raccolto l’appoggio del Pd e dei 5Stelle, ma anche quello della rete civica che fa capo all’ex governatore. Ottiene la presidenza ma non costruisce un blocco autonomo. E ora dovrà governare con un Consiglio dove la lista deluchiana può diventare un perno costante. Dovrà farlo senza scontrarsi frontalmente, la sua governance condizionata pure da una assente esperienza di governo locale.

Una vittoria monca

I 5Stelle reggono. Non crescono come forse immaginava Giuseppe Conte, ma non arretrano. Restano un pilastro della coalizione, ma non quello dominante o di pari esercizio. Il Movimento porta casa la presidenza, ma non in dote un pacchetto di potere che garantisca il controllo dell’agenda. Dovrà condividerla con la potente macchina deluchiana.

Il Pd esce vivo da una sfida che poteva diventare mortale. Mantiene la Regione e un ruolo nella costruzione del campo largo. Ma paga un conto politico evidente: accetta un impianto che non taglia i nodi del passato. Qui, ha scelto la stabilità. Una scelta pragmatica. Una scelta che ha garantito la vittoria, ma che allontana l’immagine di un Pd capace di imporre rinnovamento anche nei territori più complessi.

Per il campo largo una vittoria che significa – è il refrain – che la coalizione può vincere quando si allarga davvero. In Campania, che il prezzo dell’unità non è neutrale. Le componenti più radicate sul territorio diventano indispensabili. Le leadership nazionali perdono margine. I territori, soprattutto quelli governati da anni dallo stesso gruppo di potere, impongono la loro logica.

Fico entra in Regione Campania con un consenso pieno, ma nella scia di un sistema già costruito da De Luca che gli presenterà il conto. Dipenderà dal rapporto con un Pd che pretende voce in capitolo. Dipenderà dal suo Movimento che chiede risultati, non mediazioni infinite. La Campania resta un laboratorio atipico del centrosinistra. Non quello del rinnovamento radicale. Non quello della rottura. L’officina di un centrosinistra che vince perché somma, non perché cambia.

Un passo avanti per la coalizione. Ma non la vittoria che Schlein voleva su quel terreno simbolico: la sconfitta dei vecchi sistemi di potere. In Campania, quei sistemi non cadono. Rientrano dalla finestra. E si siedono al tavolo del vincitore.

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