Esteri

Camporini: “La guerra si può fermare, ma la Jihad usa meglio di noi la comunicazione”

di Edoardo Sirignano -

GENERALE VINCENZO CAMPORINI


“La guerra si può fermare, ma la Jihad usa meglio di noi la comunicazione”

di EDOARDO SIRIGNANO

“La guerra si può fermare, ma la Jihad usa meglio di noi la comunicazione”. A dirlo il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore.

Mentre si parla solo di Israele, come procede il conflitto in Ucraina?

È scomparso dagli schermi dei media, ma continua come prima.

Chi sta vincendo oggi?

Gli ucraini stanno conseguendo dei buoni risultati dal punto di vista dell’erosione delle capacità russe. L’esercito di Putin, dal punto di vista politico, invece, ha bisogno di poter sbandierare un successo. Ciò spiega l’attivismo nella zona nord-orientale del fronte. Fino a ora non ci sono stati grossi spostamenti e non credo ne vedremo prima dell’arrivo della stagione invernale, che senza ombra di dubbio, costringerà un rallentamento delle operazioni.

Quale il nuovo ruolo di Putin dopo il conflitto in Medio Oriente?

È stato colui che ha scatenato l’offensiva in Ucraina. È, dunque, vitale per lui poter conseguire qualche risultato. Ne va della sua credibilità politica. Pur non essendoci minaccia interna che possa a metterne a rischio la leadership, se non metterà in atto qualche dimostrazione di successo la sua posizione è a rischio.

Può svolgere, al contrario, un ruolo da mediatore nella partita mediorientale?

La sua credibilità come mediatore è stata minata dall’operazione lanciata in Ucraina. Difficilmente qualcuno potrà fidarsi ancora.

Passando all’altro conflitto, come sono messe le parti coinvolte? Israele invaderà Gaza?

Non credo che un’operazione militare di invasione, come definita dall’immaginario collettivo, sia risolutiva se lo scopo di Israele, come sottoscritto, sia eliminare Hamas. Le forze armate di Israele, invece, avvieranno una serie di puntate offensive nel momento in cui saranno identificati gli individui da prendere di mira, i capi.

I terroristi, dunque, come reagiranno?

Hamas cerca di capitalizzare il successo conseguito. Ha in mano una carta straordinaria, una vera e propria assicurazione per la vita: gli ostaggi. Dubito che potranno essere liberati mediante un negoziato, quantomeno non nel breve periodo. Fino a quando ci saranno persone catturate nei cunicoli di Gaza difficilmente Israele attaccherà in modo massiccio. Solo quando avverrà lo scambio con un certo numero di prigionieri nelle carceri di Tel Aviv, cambierà la strategia.

I terroristi utilizzano, intanto, l’arma della comunicazione. Negli studi di La 7 ha evidenziato, ad esempio, come la ricostruzione di Al Jazeera sull’ospedale anglicano non regge…

È una vicenda ridicola. Mi ha stupito, in modo negativo, la rapidità con cui i mezzi di comunicazione occidentali sono caduti nella trappola dei terroristi.

Si diffondono, dunque, informazioni false per sviare l’Occidente?

Certamente! Basta vedere i numeri sbandierati sulle vittime. Pur non essendo mancati i morti, sono fuori da qualsiasi ipotesi reale. Queste falsità, però, plasmano l’opinione pubblica, alimentano la Jihad.

In Medio Oriente e nel Maghreb, invece, potrebbero generare una nuova Jihad…

Le dirigenze politiche di questi Paesi sono molto più tiepide rispetto all’operazione di Netanyahu. Il loro desiderio segreto è ricucire con la dirigenza israeliana. Ciò, però, si scontra col sentimento delle piazze. Stiamo parlando di realtà che non sanno cos’è la democrazia. Il rapporto di potere tra chi è al governo e il popolo non è uguale al nostro. Non possiamo ignorarlo. La stabilità di tali nazioni, dunque, dipenderà da come gli esecutivi sapranno barcamenarsi in una situazione abbastanza scomoda.

La guerra, intanto, si estenderà, come predica qualche gufo?

Se ci fosse stata un’azione concertata, l’avremmo già vista. Se Hezbollah avesse voluto capitalizzare quanto stava accadendo, avrebbe lanciato un’offensiva la sera del 7 ottobre. Non lo ha fatto. C’è stato solo qualche razzo lanciato, qualche piccola scaramuccia. A Napoli, si sarebbe detto “è stata fatta la faccia feroce”.

Quale sarà, infine, il ruolo degli Stati Uniti?

Hanno un interesse strategico affinché non ci siano rigurgiti di instabilità in giro per il pianeta, soprattutto in Medio Oriente. Hanno interesse che ci sia una rapida ricomposizione. Sarà possibile? Difficile dirlo adesso. È chiaro che la proiezione verso la Cina, a suo tempo evocata da Obama, in qualche modo, ha indebolito la posizione negoziale americana in determinate regioni. La Russia, ad esempio, si è inserita, come uno dei principali attori, nella questione siriana.


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