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CASO SOUMAHORO SEQUESTRI E DEBITI

di Rita Cavallaro -

ABOUBAKAR SOUMAHORO DEPUTATO ALLEANZA VERDI-SINISTRA


Spese gonfiate, fatture false, migranti fantasma. È un quadro che denota una truffa orchestrata e perpetrata per anni, quella sulla quale sta indagando la Procura di Latina e che coinvolge la famiglia di Aboubakar Soumahoro, a esclusione soltanto del parlamentare di sinistra. Il sindacalista con gli stivali sporchi di fango, che ha fatto della difesa dei deboli il suo manifesto, affronta però una questione morale perché ora, oltre a sua suocera Maria Therese Mukamitsindo, anche la sua compagna Liliane Murekatete è iscritta nel registro degli indagati, per la gestione dei migranti delle coop di famiglia. Deve rispondere di false fatturazioni, nel fascicolo che vede coinvolti Michel Rukundo, il fratellastro responsabile del Consorzio Aid, Richard Mutangana, l’altro cognato di Soumahoro già segnalato all’Antiriciclaggio per operazioni di denaro sospette e per il resort di lusso in Ruanda, e la stessa Maria Therese, che risponde di truffa aggravata, frode fiscale e malversazione, oltre alle implicazioni nelle denunce dei dipendenti non pagati e dei migranti maltrattati. E nelle carte arrivate al gip di Latina Giuseppe Molfese, che ricostruisce “un collaudato sistema fraudolento, fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti adoperati dalla Karibu”, ci sono anche testimonianze sconcertanti che mostrano un presunto impianto Sprar drogato dalle condotte dei responsabili delle coop, che avrebbero intascato i contributi pubblici dell’accoglienza per anni ottenendo dallo Stato i rimborsi per migranti che in realtà non esistevano. Alcuni dipendenti di Karibu e Consorzio Aid, infatti, hanno raccontato che quando i migranti ospitati nei centri gestiti da Mukamitsindo lasciavano le strutture per andare altrove o per ricongiungersi con le loro famiglie, la suocera di Soumahoro si guardava bene dal comunicare l’assenza alla Prefettura e continuava a far figurare quelle presenze, intascando così il contributo giornalieri previsto per l’accoglienza dei richiedenti asilo. Al sostituto procuratore Andrea D’Angeli una ex dipendente della Mukra, una società che lavorava con Karibu, ha raccontato: “Succedeva che molti ospiti delle strutture Sprar si allontanavano dalle strutture per ricongiungersi a familiari o altro. Di questo i responsabili della coop Karibu venivano informati immediatamente ma non provvedevano a toglierli dalla lista tenendoli appesi per tre o quattro mesi, continuando così a percepire il contributo previsto dal governo per l’ospite che si era allontanato e non aveva più diritto allo stesso”. La Guardia di Finanza avrebbe ricostruito, grazie alle testimonianze e ai documenti, che la Mukra e altre aziende che lavoravano con le coop della suocera di Soumahoro erano in realtà società satellite, presumibilmente riconducibili all’imprenditrice ruandese. Scrive il gip: “I punti di riferimento erano sempre i responsabili della Karibu e in particolare la signora Maria Terese Mukamitsindo”. E attraverso questo sistema truffaldino, di migranti fantasma e false fatturazioni, secondo gli investigatori gli indagati avrebbero perpetrato per anni l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, inserendo nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019 elementi passivi fittizi e finti costi, attraverso fatture per operazioni inesistenti emesse da Consorzio Aid e dall’associazione di promozione sociale Jambo Africa, anche quest’ultima riconducibile a Maria Therese. Alle ordinanze di sequestro cautelare di beni e conti correnti, che hanno portato al sequestro preventivo “del profitto del reato” per oltre 639mila euro nei confronti di uno degli indagati e di oltre 13mila ad altri due, tra cui Liliane, si sono affiancate le misure interdittive del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche per un anno, da parte della Guardia di Finanza di Latina, per i membri del Consiglio di amministrazione della Karibu. E ora sembra svanire la speranza di molti dei dipendenti, che chiedevano di essere pagati e poter ricevere i compensi delle 14 mensilità che la famiglia di Soumahoro non gli ha mai versato, facendo leva sul falso pretesto che la pubblica amministrazione era in ritardo con i rimborsi mentre, in realtà, nelle casse delle coop continuava a confluire un fiume di denaro. Solo Karibu, infatti, negli ultimi anni ha incassato oltre 65 milioni di euro, sui quali sono in corso gli accertamenti. E l’attenzione sui lavoratori resta alta da parte del sindacato UilTucs, che ha fatto scoppiare il caso e che lotta per i loro diritti, ma non da Maria Therese, che dopo un paio di incontri in cui aveva promesso di versare il denaro, ha disertato gli altri vertici, in una sorta di dispetto verso gli inquirenti che hanno sequestrato i soldi ma sempre a scapito dei più deboli, di quelli che Aboubakar Soumahoro dice di voler tutelare e riguardo ai quali si è espresso in maniera chiara, sottolineando che i lavoratori delle coop della sua famiglia vanno pagati. Non solo il deputato di sinistra non si è accorto di nulla in questi anni, di dove finissero i soldi degli impiegati e delle condizioni precarie in cui vivevano i migranti. Aboubakar, che non è nemmeno in grado di farsi ascoltare dai familiari, non è sceso in prima linea con il megafono per sposare la battaglia di quegli schiavi delle coop, rimasti senza lavoro e senza stipendi. Gli accordi sottoscritti con Maria Therese, attualmente, sono carta straccia e il segretario provinciale della Uiltucs Gianfranco Cartisano sta avviando una serie di iniziative sindacali per far valere le ragioni dei dipendenti, delle quali ha anche parlato ieri in una riunione con il prefetto di Latina, Maurizio Falco. “La Uiltucs Latina, come da richiesta inoltrata lo scorso 5 dicembre”, ha detto Cartisano, “intende affrontare le tante criticità determinate e scaturite dalla gestione Karibu e Aid, che rimane la nostra controparte negligente e contestabile. Il tavolo ha delineato la strada, ha aperto un confronto permanente, anche tecnico, finalizzato alla ricollocazione del personale. Abbiamo l’esigenza”, ha spiegato, “di non perdere queste figure professionali, ossia mediatori, operatori sociali, assistenti ed altre figure professionali che ad oggi sono stati i veri protagonisti. Solo i lavoratori hanno espresso la vera accoglienza, i datori di lavoro di Karibu e Aid hanno privilegiato solo il profitto tralasciando il salario dei dipendenti”, conclude.

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