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Coppa d’Africa tra sponsor e stadi: l’affare multipolare per il mondo che cambia

di Giovanni Vasso -


Ci siamo accorti della Coppa d’Africa solo in questo lungo weekend di Serie A. Quasi tutte le squadre del campionato, ormai da qualche tempo, devono fare a meno di titolari e riserve. Tutti partiti per la Costa d’Avorio. A giocarsi il trofeo continentale. Che, mai come quest’anno, la racconta davvero lunga. E non soltanto sul livello raggiunto dal calcio africano, ormai divenuto pienamente maggiorenne e ricco di stelle di prima grandezza, dal nigeriano Victor Osimhen all’egiziano Momo Salah, passando per campionissimi affermati e promesse pronte a sbocciare in Europa. Il racconto interessante di quest’edizione sta altrove: negli affari. L’Africa è il teatro in cui si gioca la grande partita del multipolarismo globale e dove le forze economiche internazionali si fronteggiano. Anche a colpi di soft power. Cioè, in questo caso, di sponsorizzazioni. Scartabellando il lungo elenco di sponsor che sosterranno Afcon23 si fa, praticamente, l’appello di tutte le forze presenti sul complesso scenario continentale.

Il primo sponsor che salta agli occhi è TotalEnergies, che detiene i naming rights della manifestazione. Si tratta della compagnia energetica francese che è un top player continentale. Solo per restare in Costa d’Avorio, TotalEnergies è presente con una propria filiale sul mercato petrolifero locale fin dall’ormai lontano 1947 e vanta d’essere il primo operatore nazionale, con oltre 190 stazioni di rifornimento in tutto il Paese. Inoltre gestisce tre progetti legati allo sviluppo della tecnologia solare, tra cui la centrale fotovoltaica di Korhogo, nel nord del Paese, e possiede il 20 per cento della Sir, Société Ivorienne de Raffinage, l’unica raffineria del Paese, fondata nel 1962 (ed entrata in funzione tre anni dopo) su impulso del governo. Ma quelli di TotalEnergies non sono gli unici francesi a scendere in campo per la Coppa d’Africa. Infatti, tra i cinque partner globali ufficiali, c’è anche Orange, il colosso delle tlc nato da France Telecom. Si tratta di una sponsorizzazione di lungo termine, nata nell’ormai lontano 2008. In Africa, il gruppo francese è attivo in ben diciotto Paesi, in 17 dei quali ha portato il 4G. Praticamente tutta la Françafrique e il Maghreb. Secondo i dati dell’azienda, un cittadino africano su dieci è suo cliente. I dati disponibili, relativi al 2022, riferiscono di 143 milioni di clienti, tra Africa e Medio Oriente, per un ricavato complessivo stimato in 6,9 miliardi di dollari. Orange, da qualche tempo, s’è lanciata anche nel settore creditizio col progetto della banca “mobile”.

Ci sono poi i tedeschi della Puma, gigante globale dell’abbigliamento sportivo. Che da più di un decennio stanno portando avanti una strategia importante di approccio al lucroso mercato africano con l’obiettivo, dichiarato, di dare battaglia a Nike e Adidas. Nell’area Emea, cioè in quella che comprende Europa, Medio Oriente ed Africa, Puma conserva una quota di mercato stimata, nel 2022, nel 36,8% per un fatturato globale pari a poco più di 3,1 miliardi di euro. In quest’edizione dell’Afcon, saranno ben sei le rappresentative “vestite” da Puma. Tra di loro ci sono anche i padroni di casa della Costa d’Avorio.

I partners occidentali non sono ancora finiti. Non potevano certo mancare gli inglesi. E infatti, nell’elenco degli sponsor globali, c’è anche Rexona. Che poi rappresenta uno dei brand di punta della divisione cosmetica della multinazionale britannica di Unilever che sarà in campo anche coi marchi Ax e Dove. L’impegno economico e di investimenti africani di Unilever è elevato ed importante così come la sua presenza sui mercati di beni di consumo, dagli alimentari e fino ai prodotti per la cura della persona, con un focus molto attento sulla Nigeria e sul Kenya. Unilever, oltre alla Coppa d’Africa maschile, sosterrà anche l’edizione femminile del torneo continentale che si terrà in Marocco.

A concludere la foltissima rappresentanza “occidentale” tra gli sponsor principali dell’Afcon c’è l’americana Visa. L’azienda, a novembre scorso, ha lanciato il Visa Africa Fintech Accelerator. Si tratta di una sorta di incubatore di start-up per servizi finanziari, dai pagamenti fino ai gestionali e ai cambia valute. Ne sono state selezionate 23. Di queste, sei sono nigeriane, quattro ghanesi, tre kenyote e altrettante dal Marocco e dal Sudafrica, una rispettivamente per Egitto, Zambia, Tunisia e Uganda. Un modo per aiutare lo sviluppo dell’Africa, sicuramente. E, contestualmente, per aumentare la propria quota di mercato in un continente così grande, che ha registrato (e continua a farlo) una diaspora che conta milioni di suoi cittadini sparsi in tutto il mondo e che rappresenta un mercato in fortissima ascesa per le transazioni finanziarie.

Ma l’Africa non è solo un affare per occidentali o Europei. Anzi. La vicenda è molto più complessa di così. E la Coppa d’Africa lo testimonia. Tra gli sponsor principali, infatti, c’è anche 1XBet. Si tratta di un autentico colosso del gaming e delle scommesse con base a Cipro e riferibile ai investitori russi. È una vecchia conoscenza del calcio europeo. Chelsea e Liverpool, infatti, avevano sottoscritto nel 2019 degli accordi di sponsorizzazione che però sono saltati dopo l’inchiesta di alcuni quotidiani britannici che rinfacciava all’operatore condotte poco chiare. Che avevano indotto le autorità a sospendere le attività di 1XBet in Gran Bretagna. Inutile notare che a pesare è stata, soprattutto, la tensione geopolitica a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina. Si era parlato dell’intenzione, da parte della Caf, di rivedere l’accordo siglato qualche anno fa e dal valore di circa 65 milioni di dollari. Ma sono rimaste parole. 1XBet è uno degli operatori più diffusi in tutta l’Africa e la sola Nigeria rappresenterebbe il quarto mercato regionale al mondo per gli affari della holding del betting.

Nell’elenco degli sponsor, dunque, ci sono tutti gli attori in campo sul difficile e affascinante scenario geopolitico dell’Africa. Ci sono gli europei, c’è la Gran Bretagna e l’America, c’è la Russia. Manca, però, il convitato di pietra per eccellenza quando si parla di Africa. Cioè la Cina. Mancheranno gli sponsor globali ma la mano di Pechino, su questa Coppa d’Africa, c’è. Eccome. Sono state le aziende e i capitali cinesi, infatti, a giocare un ruolo di primissimo piano nei lavori che hanno portato la Costa d’Avorio ad ospitare la kermesse calcistica continentale. A cominciare dagli stadi, per finire alle infrastrutture base. China Civil Engineering Construction Corporation, partecipata di China Railway Construction Corporation, ha condotto i lavori allo stadio San Pedro che sono costati, in tutto, poco più di 62 milioni di euro. Contestualmente, la China National Building Material si è aggiudicata una commessa da 77 milioni per lo stadio di Korhogo mentre Bcegc ha costruito lo stadio Alassane Ouattara, nel nord della capitale Abdijan, per un investimento stimato in circa 90 milioni di euro. C’è da dire che il governo ivoriano, per ammodernare il Paese in vista dell’appuntamento calcistico più atteso dall’Africa, ha attinto a piene mani dai piani straordinari di aiuto messi in cantiere proprio dalla Cina.

Insomma, noi ci siamo accorti della Coppa d’Africa solo a causa delle tante, troppe, assenze nei ranghi della nostra squadra del cuore. Che, magari, ci hanno costretto a rivedere la formazione da schierare al Fantacalcio. Ma il mondo economico sapeva che c’era un evento fondamentale da seguire per rimarcare posizioni strategiche (non per forza di mercato) e far sentire presenza e vicinanza. A un intero Continente. Che si appresta a diventare il mercato del futuro. E non solo perché il calcio africano verrà seguito, in tutto il mondo, da almeno 800 milioni di appassionati. Ma perché dagli equilibri qui dipenderà un pezzo, importante, del mondo che verrà. E quello che saluta (e sostiene, a vario titolo) Afcon23 è un mondo che appare sempre più multipolare.


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