Politica

“Così parla a quei lavoratori che non si riconoscono nella sinistra”

di Edoardo Sirignano -


Dall’intervento di Giorgia Meloni al congresso della Cgil fino alla vittoria di Schlein Luca Ricolfi ci racconta i cambiamenti della politica degli ultimi anni. Oggi, dice “assistiamo a una battaglia interessante, che finalmente si svolge sul terreno più decisivo, quello della politica economico-sociale.
Meloni va al congresso della Cgil, dicendo “è giusto esserci”. Una scelta sensata, soprattutto se il suo intervento è a poche ore dall’approvazione di legge sulla riforma del fisco?
“Più che sensata. Non solo perché è logico che il maggior sindacato e il maggiore partito del paese si parlino, ma perché una parte ragguardevole dei ceti popolari votano a destra. Del resto il fenomeno della doppia tessera, Cgil e partito di destra, risale ai primi anni ’90, quando era la Lega ad attirare una parte degli iscritti ai sindacati operai”.
Chi ha contestato la sua visita con striscioni e peluche, invece, ha fatto bene?
“Più che altro ha mostrato la propria natura, ovvero l’incapacità di sostenere il dialogo. Un’incapacità che affonda le sue radici nel complesso dei migliori, ossia nella credenza di rappresentare ’la parte migliore del paese’. Come se chi la pensa diversamente dovesse rappresentarne la parte peggiore. Una sorta di umanità degradata, egoista, intollerante e retrograda” .
Qualcuno dice che la premier non abbia voluto parlare alla platea di Rimini, ma a quei lavoratori che oggi non si riconoscono nella sinistra. È davvero così?
“Non saprei, ma sarebbe logico: già ora il consenso alla destra, e in particolare a Fratelli d’Italia, viene più dai ceti popolari che da quelli medio-alti”.
Perché i ceti meno abbienti oggi si riconoscono sempre meno nelle forze progressiste?
“Perché, negli ultimi decenni, le forze progressiste hanno sistematicamente snobbato i tre problemi che più stanno a cuore ai ceti bassi: salario, occupazione, sicurezza”.
Fino ad ora questo governo, a livello di politiche del lavoro, si sta comportando come una forza di destra?
“Direi proprio di no. Contrariamente a quel che si crede, la priorità di Giorgia Meloni non è la flat tax, ma è il sostegno all’occupazione, da attuare con la decontribuzione e gli sconti fiscali alle imprese che creano nuovi posti di lavoro. Tutte misure o già avviate con la legge di bilancio, o di prossima introduzione con la delega fiscale. Può sembrare paradossale, ma la visione di politica economica di Meloni, diversamente da quelle di Salvini e Berlusconi, è di tipo keynesiano. Tutto sta a vedere come saranno usati gli enormi margini di indeterminazione della delega fiscale: per appiattire le aliquote, o per dare una spinta all’occupazione e alla crescita?”
Nel libro “La mutazione. Come le idee di sinistra sono migrate a destra”, in un certo senso, ha anticipato questo importante cambiamento. Perché c’è stata un’accelerazione così importante?
“Nel libro racconto il ’grande swap’ che, negli ultimi tre decenni, ha portato la destra e la sinistra a scambiarsi le proprie basi sociali. Un processo comprensibile, se pensiamo che fino a ieri il Pd si è occupato prevalentemente di immigrazione, coppie gay, diritti dei trans, linguaggio politicamente corretto. Ora, però, siamo alla resa dei conti, e l’accelerazione – più che dalla vittoria di Giorgia Meloni – viene dall’elezione di Elly Schlein a segretaria del Pd. Dove la novità non è che il nuovo segretario è una donna, ma che la donna in questione ha vinto riscoprendo la questione sociale, ossia precisamente ciò su cui il partito di Giorgia Meloni è cresciuto (e su cui il Pd ha sonnecchiato). Ecco perché assistiamo a una battaglia interessante, che finalmente si svolge sul terreno più decisivo, quello della politica economico-sociale.
Chi vincerà la battaglia?
“Impossibile dirlo, ma penso che Schlein abbia più frecce al suo arco. Non tanto perché abbia le ricette giuste, ma perché – finché resterà all’opposizione – le sue ricette (spesso demagogiche) potranno evitare ogni controllo di realtà”.

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