Attualità

PRIMA PAGINA – Da Cecchettin ai Ferragnez, fino al suicidio per l’odio social

di Rita Cavallaro -


Da Gino Cecchettin a Giovanna Pedretti, passando per i Ferragnez. Nelle ultime settimane i social sono stati artefici di ascese e cadute, di ovazioni per nuovi eroi post moderni e valanghe di fango per moralizzatori provetti. Il problema è che quando si diventa simulacro di un messaggio politico, poi è necessario avere le spalle larghe per sopportare quel messaggio. Perché negli sfogatoi social del virtuale, di immateriale c’è ben poco. È realtà, è materia che si alimenta e fomenta ad ogni post, che nulla distrugge ma tutto trasforma.

Trasforma un padre cui hanno ucciso la figlia, Gino Cecchettin, in un modello contro la lotta al patriarcato e poi lo travolge con i meme dei commenti da boomer alle foto delle belle ragazze. E c’è poco da indignarsi di fronte a questo andamento schizofrenico, è normale amministrazione frutto di una sorta di legge del contrappasso di bassa lega, che trae origine dalla frustrazione di italiani stufi di essere bacchettati perfino davanti alle responsabilità degli assassini. Gino Cecchettin, sopravvissuto all’immenso dolore di aver perso una figlia, è stato capace di tenere testa anche all’ondata di critiche: ha chiuso i profili, si è negato alla stampa e ha goduto del rispetto dei giornalisti, che non gli si sono presentati alla porta per chiedere se fosse lui l’autore dei post sessisti.

Poi ha preso anche una manager per fare da schermo alle future polemiche. Con Giovanna Pedretti, invece, la stampa non è stata così delicata, visto che una tv del pubblico servizio non ci ha pensato due volte a mandare un cronista per chiedere conto della falsificazione della recensione, portata all’attenzione social dallo chef Lorenzo Brugiatelli e della compagna Selvaggia Lucarelli. Giovanna Pedretti, d’altronde, è stata fin troppo ingenua nel pensare che, di fronte agli attivisti della rivelazione delle fake news, la finta polemica contro il fantomatico cliente omofobo potesse passare inosservata.

Quella polemica, nel clima da caccia alle streghe fasciste al governo, è diventata la prima notizia dei maggiori siti d’informazione, ormai orientati, a loro insaputa, a cavalcare, senza verificare, addirittura le fake news, per dipingere un Paese attanagliato dalla discriminazione dilagante e sempre più imbarbarito. Quando la vera barbarie è il pericoloso meccanismo che si mette in moto con la strumentalizzazione di comuni cittadini per la propaganda, gettati nel tritacarne mediatico senza alcuno scrupolo. D’altronde il cardine di tutto è il diritto di cronaca e di critica, ai quali i giornalisti giustamente si appellano, ma proprio quei diritti presuppongono la veridicità della fonte, che nel caso della ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano non avrebbe comportato un gran dispendio di energia.

Sarebbe bastato cercare la recensione del cliente su Google, e non trovarla, per capire che era un falso, anziché prendere per buono lo screenshot su Facebook della titolare della pizzeria “Le Vignole”. Tanto più che il contenuto di quella recensione, con il quale il cliente dava solo una stella al ristorante, qualche dubbio doveva farlo sorgere. “Mi hanno messo a mangiare di fianco a dei gay, non mi sono accorto subito perché sono stati composti, e un ragazzo in carrozzina che mangiava con difficoltà, mi dispiaceva ma non mi sono sentito a mio agio.

Peccato perché la pizza era eccellente e il dolce ottimo, ma non andrò più”. Un commento lunare, al quale è arrivata la risposta di Giovanna, che nel suo locale si occupava proprio di iniziative per i disabili: “Le sue parole di disprezzo verso ospiti che, non mi sembra vi abbiano importunato, mi sembra una cattiveria gratuita e alquanto sgradevole.

Ci tengo inoltre a sottolineare che non è passato inosservato il suo sguardo infastidito anche verso il ragazzino in carrozzina. A fronte di queste bassezze umane e di pessimo gusto, credo che il nostro locale non faccia per lei. Le chiediamo gentilmente di non tornare da noi”. E giù gli applausi, ma giusto per un giorno. Perché quando la falsificazione ha fatto scoppiare il caso e la ristoratrice è stata messa all’angolo dalle domande di un giornalista, tanto da essere ascoltata perfino dai carabinieri, si è consumata la tragedia. Giovanna si è gettata nel Lambro. E i social ora la ricordano.


Torna alle notizie in home