Politica

Dai Padani alla Le Pen: le due Leghe di Salvini

di Ivano Tolettini -


La prova più ardua per Matteo Salvini nei prossimi mesi in vista delle Europee
La doppia sfida Padani Le Pen: recuperare terreno su Meloni e frenare la fronda interna.

Matteo Salvini è atteso alla prova più ardua. Quella di tenere insieme la Lega di lotta e di governo con vista sul 9 giugno 2024. I prossimi nove mesi diranno di che pasta è davvero fatto il leader leghista. Dovrà cercare di invertire la rotta elettorale negativa del 25 settembre di un anno fa, quando è stato travolto dagli alleati di FdI che lo hanno più che doppiato a livello nazionale, recuperando loro voti senza porgere ancora l’altra guancia. Quindi dovrà ritagliarsi uno spazio in Europa grazie al patto con Marine Le Pen, la quale è tutto fuorché autonomista, ma grazie alla quale punta a sovvertire la maggioranza Ursula che governa Bruxelles dal 2019, e nello stesso tempo il Capitano dovrà marciare in Parlamento a tappe forzate verso il federalismo differenziato quale obiettivo primario da sventolare ai propri fedelissimi, soprattutto veneti, che da tempo hanno il mal di pancia – il referendum ormai risale all’autunno 2017 – e che anche domenica a Pontida l’hanno manifestato con un timido applauso alla leader francese. Emblematico è stato l’intervento di Luca Zaia che non ha mai citato Marine Le Pen nel suo atteso intervento, tutto votato al fronte autonomista, ripetendo che “il leone è un po’ incazzato”, incerottando così le divisioni interne rappresentate dai “ribelli” presenti, con gli assessori Roberto Marcato e Federico Caner in prima fila.

Questo è l’arduo compito che si troverà davanti nei prossimi mesi il leader della Lega, che l’altro giorno dalla Bergamasca ha abbracciato la leader del Ressemblement National che ha detto che “siamo in lotta per la libertà dei nostri popoli”, ed ha praticamente dato il via a una lunga campagna elettorale con la quale cercherà di invertire la rotta nel ventre dell’opinione pubblica di centrodestra. In che modo? Facendo attenzione a tenere dentro tutto: la fedeltà al governo della prima donna a palazzo Chigi (“Non riusciranno a dividerci da Meloni, staremo assieme per tutta la legislatura”, rassicura convinto); poi l’appartenenza a un’Europa più a destra del gruppo di Visegrad, cui guarda da sempre la Giorgia Nazionale, anche se sul punto per raggiungere i propri obiettivi nell’interesse della Nazione la premier deve fare i conti con i Paesi che contano: Germania e Francia su tutti, vista la necessità di chiedere a Bruxelles la collaborazione per far fronte alla straordinaria marea montante dei migranti che non accenna ad attenuarsi e che è diventata un’emergenza quasi senza precedenti. Anche se ieri, a proposito di migranti, due leghisti hanno tirato per la giacca Salvini sostenendo che “deve chieda scusa a Lampedusa”. Ad affermarlo sono stati Angela Maraventano, ex senatrice della Lega nonché lampedusana da sempre, e il vice sindaco dell’isola Attilio Lucia, pure lui del Carroccio.

Il riferimento è stato ad a un militante del Carroccio che domenica a Pontida al comizio ha esibito una maglietta con la scritta: “Blocco navale subito! Cedere Lampedusa all’Africa”. Sul problema migranti dal palco di Pontida il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha sottolineato che “noi sappiamo che l’Europa sull’immigrazione deve battere un colpo. L’Europa se veramente tutela i cittadini europei e non solo quelli italiani, deve difendere le proprie frontiere”. La questione, ha aggiunto, è che chi vuole entrare illegalmente non deve entrare, altrimenti rispetto e tutela delle nostre comunità non ci saranno mai”. “E proprio per le difficoltà – ha osservato – io ringrazio il governo che si sta battendo. Qualcuno dalla sinistra pensa che i problemi che hanno creato loro in vent’anni si risolvano in pochi mesi. No, lo si fa mattone dopo mattone”. A Pontida Salvini è venuto incontro anche alle posizioni sui diritti civili sostenuti da tempo da Luca Zaia, aprendo sulle unioni omosessuali, solfeggiando però un secco no all’utero in affitto. Dunque, il capo dei lumbard rassicura da un lato gli alleati, stringe un patto con Le Pen e cerca dall’altro di sedare i malumori della base leghista di matrice veneta che l’altro giorno a Pontida non era certo entusiasta per la presenza di un’avversaria delle istanze dei Corsi e degli altri autonomisti francesi. Se il vicepremier e ministro dei trasporti ripete che “Marine è l’Europa che vogliamo, e per fermare gli sbarchi farò tutto ciò che democraticamente è consentito”, non c’è dubbio che egli è alle prese con una complessa quadratura del cerchio che in Europa richiede dal suo punto di vista una ricetta diversa rispetto al centrodestra italiano dove Forza Italia, legata al Ppe, scalpita con Tajani perché non condivide la doppia strategia leghista a Roma e Bruxelles, che rischia di apparire come un Giano bifronte. Del resto, il Capitano si gioca un pezzo di leadership il prossimo giugno. Egli aspira a un 15-16% che appare complicato viste le attuali intenzioni di voto. “Voi in Italia e noi in Francia siamo impegnati nella stessa lotta per le libertà”, ha concluso Le Pen ribadendo un’alleanza che nella base leghista suscita però tanti mugugni.


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