Cultura & Spettacolo

Dal palato secondo Hemingway

di Nicola Santini -


Nelle zone di Caorle e Bibione si conservano numerosi significativi esempi delle costruzioni tipiche dell’area lagunare-valliva, conosciute con l’appellativo dialettale veneto di “casoni”. Sono autentici esempi di architettura ancestrale, caratterizzata da un disegno di particolare semplicità, ma al tempo stesso da una certa funzionalità e soprattutto dall’uso di materiali da costruzione tratti direttamente dall’ambiente fluviale e lagunare e sottoposti a lavorazioni elementari.
Fin dalle lontane origini, che si presume possano risalire al Neolitico e in qualche caso fino agli anni che precedettero la grande alluvione del 1966, i casoni erano adibiti ad abitazione permanente di famiglie dedite all’attività di pesca e di caccia. Dopo gli eventi della grande alluvione, che segnarono la conclusione di un’epoca e di una fase economica anche nell’area di Caorle, gli stessi casoni divennero dimore stagionali: funzione che tuttora, almeno in parte, conservano. Essi venivano costruiti in prossimità delle sponde dei grandi alvei lagunari, dei bacini vallivi o sugli affioramenti insulari più elevati ed erano spesso raggiungibili soltanto mediante imbarcazioni. La pianta dell’edificio, realizzato esclusivamente con materiali di natura vegetale e caratterizzato da un solo vano, era ellittica e le pareti inclinate a formare gli spioventi del tetto, che pertanto risultava appoggiato al suolo. L’ingresso, rientrante rispetto al profilo della parete, si collocava su una delle due estremità ed era caratterizzato dalla presenza di paretine e di una porta in tavole, mentre sui fianchi si aprivano piccole finestre basse. Sul pavimento in terra battuta e al centro del vano, poggiava un focolare in mattoni, di profilo quadrato e privo di camino, in modo tale che il fumo potesse fuoriuscire direttamente filtrando dall’intersezione superiore degli spioventi di canna. L’interno del casòn era poi caratterizzato anche da un soppalco in tavolato, che occupava i due terzi della lunghezza del vano e su cui venivano collocati i giacigli per il riposo notturno; a esso si accedeva mediante una rustica scala a pioli. Una gita in barca ai casoni, partendo dal vecchio porticciolo e scivolando lentamente nella laguna, in quell’atmosfera calma e silenziosa che in passato ha conquistato anche Hemingway è una tappa obbligata. Lo scrittore soggiornò qui durante le sue battute di caccia, ospite sovente del barone Franchetti, e proprio a Caorle e alle sue particolarità paesaggistiche dedicò alcune pagine del suo libro “Di là dal fiume e tra gli alberi”.Arrivare davanti a un casone dalle originarie caratteristiche, regala una visione cromatica e un’ atmosfera che è la stessa di più di cento anni fa. Alcuni di questi casoni sono stati trasformati in luogo di ritrovo tra amici che amano incontrarsi attorno al focolare “fogher” per bicchierate e pranzetti a base di pesce. Un vero e proprio km zero fluviale. Una goduria per il palato, tra prodotti tipici e pescato del giorno.
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