De Luca, Zaia ed Emiliano. Addio, mia bella. Addio. Ieri, perché oggi è silenzio elettorale e non si può più parlare, è stato l’ultimo giorno di lavoro. Tre governatori. Tutti e tre sembravano eterni, immutabili, scolpiti nel tempo per citare quel cittadino al di sopra di ogni sospetto. Luca Zaia, Michele Emiliano, Vincenzo De Luca. Tre addii. Uno diverso dall’altro.
De Luca, Zaia ed Emiliano: tre addii diversi
In Veneto, un commiato dolcissimo. Commovente, quasi. Il Doge, sicuro della successione di Alberto Stefani, se ne va quasi in punta di piedi: “Lascio un buon ricordo di me”. Ripercorrendo nell’ultima conferenza stampa la stagione del Covid, la trasformazione della Sanità, il Veneto che diventa snodo centrale per l’economia italiana ed europea, stette, Zaia, e dei dì che furono l’assalse il sovvenir, per citare il poeta al di sopra di ogni confronto.
Il figliol prodigo (e testa dura) di Bari
In Puglia, invece, l’addio dell’emiro Michele Emiliano si consuma tra abbracci e perdoni sotto il cielo di Taranto. Tra gli operai, tra i cittadini. Lu sole, lo mare e l’ex Ilva. Prima ancora, Emiliano ha abbracciato il figliol prodigo Antonio Decaro, pubblicamente. Ma Decaro, oltre che prodigo, è pure testa dura nel ribadire che, eletto governatore, deciderà tutto lui. Una coltellata che fa male. E non per una banale questione di potere. No. Fa male perché assomiglia alla stoccata del Maramaldo. Luigi Lobuono, dall’altra sponda, almeno si prende il gusto di sfotterli sognando un sorpasso assai ardito: “Si spartiscono già la camicia di Cristo”.
L’ultima diretta di De Luca
In Campania, ieri, è andata in onda l’ultima diretta social di Vincenzo De Luca. Non ha deluso i tanti che, nei commenti, lo salutavano: “Ci mancherai, zio”. Non ha deluso manco Crozza, anzi l’ha superato di nuovo. Ha dato a Tajani del “baccalà”, ha rivolto a Fratelli d’Italia la più ferale delle condanne. No, non sono “fascisti”, come li definiscono i suoi compagni dem. “Sono cafoni”. Che, per l’ex sindaco di Salerno, è “molto peggio”. L’ultima diretta col logo della sua lista “A Testa alta”. Si è rivolto agli indecisi, ai moderati. Al 70% che lo ha eletto cinque anni fa. Quelli che non vogliono andare a votare o che non farebbero mai una scelta “progressista”. Fico è servito. Gli ha detto, giovedì sera a Napoli: “In bocca al lupo, guagliò”. Ma la foto, con Manfredi, Elly, Conte e tutti gli altri non se l’è mica fatta. Mastella non s’è proprio visto. Così come la faccia di Fico sui manifesti a Salerno e provincia. Assente. L’ex Guardasigilli se ne è rimasto a Benevento. Forse a convincere gli ultimi indecisi a votare la sua lista per Fico.
Fico, l’ultimo siluro glielo manda Crosetto
Eccolo, l’unico sottotono in una campagna elettorale che è stata più frizzante del buon vino di Gragnano. Lo hanno contestato più volte, quelli di Campania Popolare e dei centri sociali. Un consigliere M5s ha denunciato di essere stato preso a calci. Ma il siluro glielo ha sganciato, ieri pomeriggio, il ministro alla Difesa Crosetto. La barca a Nisida. Sì, la storia fa acqua da tutte le parti. Sarebbe stata ormeggiata in un’area protetta, a fronte di un canone da 550 euro annui, con il grazioso benestare di un alto ufficiale dell’accademia dell’Aeronautica di Pozzuoli. E pensare che solo qualche anno fa si faceva fotografare mentre prendeva il bus. Fico, nell’ultima uscita pubblica e dopo aver dato buca a Cirielli al confronto politico in Rai, ha detto che vincerà in Campania e che dalla sua affermazione inizierà la fine del governo Meloni. Il centrodestra non trema affatto. È nella migliore delle condizioni possibili: non ha niente da perdere. Se dovesse vincere con Edmondo Cirielli sarebbe (davvero) la fine del campo largo. Forse della segreteria di Elly Schlein, di sicuro dell’alleanza Pd-M5s così come la conosciamo. Intanto una fine è arrivata. Quella della stagione di Zaia. De Luca ed Emiliano. Li rivedremo ancora, tranquilli. Au revoir.